mercoledì 30 gennaio 2013
Starbooks di Gennaio 2013: Crackers all'avena e rosmarino di Mrs.Patmore
Un altro sospetto.
Il nome "crackers" scrocchia sotto i denti già solo a pronunciarlo, e l'acquolina è assicurata.
La parola "avena", tutt'altro.
Ci faccio le gallette, è vero.
Ma qualunque altro esperimento che l'abbia coinvolta ha avuto reazioni meno che entusiasmanti.
Molto meno.
Siamo arrivati allo sguardo torvo con cui l'augusto consorte mi ha guardato mangiare del porridge, rifiutandosi di assaggiare.
Quasi costretto, ha asserito che fosse cibo creato per chi non possiede denti.
Beh, non dobbiamo mica mangiare le stesse cose, pazienza.
Mangime per uccelli, sbeffeggia.
Va bene, sarò un grazioso canarino?
Mi vedo meglio come rapace, ma lasciamo perdere.
Per questo l'avena dentro i crackers, per la ricetta dell'ultimo giro dello Starbooks di questo mese con "The Unofficial Downton Abbey Cookbook" , mi ha dato da pensare.
Per carità, a me piace.
Ma da qui ad andarci matta ne passa.
Proviamo.
L'impasto non è male, devo ammettere.
Non se ne accorgerebbe nessuno di cosa c'è dentro, dato che è tutto frullato.
Anche la prova dell'assaggio crudo viene superata, e piuttosto brillantemente.
Sento che ho speranza.
Anche di propinarli alla dolce metà.
Certo è morbido, e l'autrice sono certa abbia dimenticato di scrivere che l'impasto andrebbe un pochino in frigo prima di essere lavorato.
Ops, niente frigo ai tempi di Downton Abbey.
Ma ora che ci penso nemmeno i robot da cucina c'erano.
Ok, se lei li fa nel robot io posso mettere tutto al freddo artificiale, anche per il piccolissimo, trascurabile dettaglio che invece che nella brughiera vivo in mezzo al deserto...
Taglio, cuocio.
Che profumo!
Il consorte, più augusto che mai, ne acchiappa un paio al volo dal vassoio in cucina senza nemmeno fermarsi.
Dal piano di sopra arriva il responso.
Buoni questi affari che hai fatto!
Buoni?
Sarebbe meglio dire buonissimi.
Un gusto "frolloso", che si scioglie in bocca.
Perfetti da soli, con del formaggio, e magari con una fetta di prosciutto.
Promossi.
Come il libro, per quel che mi riguarda.
Da regalare a chi impazzisce per la serie.
A chi impazzisce per gli inglesi.
A chi impazzisce per le buone maniere e il galateo.
A proposito, nella nota di etichetta relativa alla ricetta si asserisce che gli inviti ad una cena formale vadano mandati almeno sette, dieci giorni prima della stessa e che vada risposto quanto prima.
Declinare l'invito non è considerato appropriato, a meno che non si tratti di motivi di salute.
Ma gli ospiti che si autoinvitano, invece, a che epoca risalgono??? :-)
Ecco le ultime ricette provate dalle colleghe dello Starbooks:
Menu Turistico con Decadent Chocolate Almond Cake with Sour Cream Icing
Le chat egoiste con Sweet Cream Scones
Arricciaspiccia con Cream of Asparagus Soup
La Apple Pie di Mary Pie con Mrs Patmore's No-Knead Sally Lunn Bread with Warm Honey Butter
Vissi d'arte e di cucina con Baked Cod with Parmesan Bread Crumbs
Ale only kitchen con Chicken, Leek and Caerphilly Cheese Pie for St. David's Day
Andante con Gusto con Anna Bates's Chocolate Crumpets
MRS. PATMORE'S ROSEMARY OAT CRACKERS
per una trentina di pezzi da 4cm di lato circa
180g di fiocchi d'avena
un cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di pepe nero
un cucchiaino e mezzo di rosmarino tritato
la punta di un cucchiaino di aglio in polvere
30 g di farina
3/4 di un cucchiaino di lievito per torte salate
113 g di burro
62 ml di latte intero
Mettere i fiocchi d'avena nel robot da cucina e usando la funzione pulse tritarli finemente.
Aggiungere sale, pepe, rosmarino, aglio, farina, lievito e il burro freddo a pezzi.
Utilizzando la funzione pulse amalgamare a scatti l'impasto senza lavorarlo troppo, finchè apparirà in grosse briciole.
Aggiungere il latte e far andare il robot per pochi secondi giusto il tempo che il tutto si raccolga a palla.
La ricetta prevederebbe di lavorare l'impasto subito, ma onestamente ho preferito farlo riposare in frigo avvolto nella pellicola.
Dopo è stato facile stenderlo allo spessore di circa 3mm e tagliare tanti quadrati.
Appoggiarli in teglia coperta con carta forno.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 15-20 minuti (23 nel mio forno) finchè risulteranno leggermente dorati ai bordi e nella parte sottostante.
Far raffreddare del tutto prima di servirli.
NOTE:
- da caldi sono morbidi, prendono la giusta consistenza raffreddandosi.
- durano un paio di giorni chiusi in una scatola di latta.
lunedì 28 gennaio 2013
Pici delle Mille e una Notte
Le chiamano combinazioni.
Coincidenze.
Casi fortuiti.
Casualità.
Però che stretta appena ho visto la ricetta dell'MTChallenge di questo mese.
I pici di Patty.
Ma sono anche miei.
Qualche anno fa, l'augusto consorte in veste, ancora, di augusto fidanzato.
Per essere araba e piuttosto felice mancava ancora qualche mese.
Un Capodanno scombinato, o sarebbe meglio dire combinato alla bell'e meglio.
Tre giorni di ferie per lui.
Un tuffo al cuore per me.
Una macchina a noleggio, e via senza meta.
Dove andare, un dettaglio.
Ma Pienza è troppo bella per passarci dritti.
Un freddo birbone, tanto da far esclamare all'augusto consorte durante la visita a Palazzo Piccolomini che il proprietario era certamente morto per ipotermia.
Passeggiate, e risate, e vicoli strettissimi dove riscaldarsi.
Zuppe, carne, legumi, formaggi.
Vino per lui appena arrivato dal deserto, che scuote la testa a vedermi andare sempre ad acqua.
Dove passare l'ultimo dell'anno?
E' tutto pieno.
Chi ha vite meno scombinate delle nostre può permettersi di prenotare.
Come fanno gli altri, a fortuna?
All'ultimo ristorante dobbiamo avere l'aria talmente implorante che ci accettano per pietà.
Scopriremo solo dopo che hanno aggiunto per noi un tavolo attaccato alla porta d'ingresso.
Ogni volta che si apre, e sono tante, siamo investiti da aria gelida tanto da dover cenare con i giacconi addosso.
Menù fisso.
E pici.
Che diavolo sono, chiedo al cameriere.
Mi guarda come un marziano.
Pasta.
Ora, non so se sia stato il posto.
La compagnia.
Lo stato d'animo.
Ma da allora "pici" è uno degli amorevoli soprannomi dell'augusto consorte (che ora mi citerà per violazione della privacy :-)
Mai più mangiati, fino a qualche giorno fa.
Ci ho messo un ragù di agnello con tante spezie, per renderli a chilometro zero anche nel deserto senza snaturarli troppo.
Patty dice che non devono essere perfetti.
E non importa quanto siano lunghi.
Ma come laccio per tenerci insieme tutti gli anni a venire da allora hanno funzionato alla perfezione :-)
Come si sarà capito la ricetta partecipa all'MTChallenge di questo mese: ai pici è stata aggiunta della curcuma nell'impasto, e tante spezie al ragù di agnello, l'animale più mangiato da queste parti.
Una versione incrociata di Toscana e Arabia, ma veramente buona!
Preparare il ragù il giorno prima: tritare finemente sedano, carota e cipolla e farle stufare in poco olio in un largo tegame.
Aggiungere ora tutte le spezie (tranne il chiodo di garofano) e cuocere brevemente finchè ne sentirete sprigionare il profumo, rimestando con un cucchiaio di legno.
Aggiungere quindi la carne e farla soffriggere fino a quando apparirà cotta.
Sfumare con un paio di cucchiai di aceto bianco, e appena il liquido sarà evaporato aggiungere la polpa di pomodoro e il sale.
Cuocere a fuoco medio basso circa un'ora, semicoperto, mescolando di tanto in tanto.
A fine cottura aggiungere il chiodo di garofano e spegnere il fuoco.
Far riposare una notte.
Preparare i pici: fare una fontana con le due farine, e sciogliere la curcuma in poca acqua.
Unire sale, olio e acqua e cominciare ad impastare. Continuare per almeno dieci minuti, fino ad avere un panetto abbastanza morbido.
Avvolgerlo nella pellicola e farlo riposare mezz'ora.
Tagliare i pici come mostrato nella ricetta originale e farli asciugare brevemente su una teglia spolverati con poca semola.
Cuocere i pici in abbondante acqua salata per circa cinque minuti, quindi servirli con il ragù preparato, a cui va tolto il chiodo di garofano.
Coincidenze.
Casi fortuiti.
Casualità.
Però che stretta appena ho visto la ricetta dell'MTChallenge di questo mese.
I pici di Patty.
Ma sono anche miei.
Qualche anno fa, l'augusto consorte in veste, ancora, di augusto fidanzato.
Per essere araba e piuttosto felice mancava ancora qualche mese.
Un Capodanno scombinato, o sarebbe meglio dire combinato alla bell'e meglio.
Tre giorni di ferie per lui.
Un tuffo al cuore per me.
Una macchina a noleggio, e via senza meta.
Dove andare, un dettaglio.
Ma Pienza è troppo bella per passarci dritti.
Un freddo birbone, tanto da far esclamare all'augusto consorte durante la visita a Palazzo Piccolomini che il proprietario era certamente morto per ipotermia.
Passeggiate, e risate, e vicoli strettissimi dove riscaldarsi.
Zuppe, carne, legumi, formaggi.
Vino per lui appena arrivato dal deserto, che scuote la testa a vedermi andare sempre ad acqua.
Dove passare l'ultimo dell'anno?
E' tutto pieno.
Chi ha vite meno scombinate delle nostre può permettersi di prenotare.
Come fanno gli altri, a fortuna?
All'ultimo ristorante dobbiamo avere l'aria talmente implorante che ci accettano per pietà.
Scopriremo solo dopo che hanno aggiunto per noi un tavolo attaccato alla porta d'ingresso.
Ogni volta che si apre, e sono tante, siamo investiti da aria gelida tanto da dover cenare con i giacconi addosso.
Menù fisso.
E pici.
Che diavolo sono, chiedo al cameriere.
Mi guarda come un marziano.
Pasta.
Ora, non so se sia stato il posto.
La compagnia.
Lo stato d'animo.
Ma da allora "pici" è uno degli amorevoli soprannomi dell'augusto consorte (che ora mi citerà per violazione della privacy :-)
Mai più mangiati, fino a qualche giorno fa.
Ci ho messo un ragù di agnello con tante spezie, per renderli a chilometro zero anche nel deserto senza snaturarli troppo.
Patty dice che non devono essere perfetti.
E non importa quanto siano lunghi.
Ma come laccio per tenerci insieme tutti gli anni a venire da allora hanno funzionato alla perfezione :-)
Come si sarà capito la ricetta partecipa all'MTChallenge di questo mese: ai pici è stata aggiunta della curcuma nell'impasto, e tante spezie al ragù di agnello, l'animale più mangiato da queste parti.
Una versione incrociata di Toscana e Arabia, ma veramente buona!
PICI AL RAGU' SPEZIATO DI AGNELLO
come da ricetta di Patty
200 g di farina 00
100 g di farina di semola rimacinata
2 generosi cucchiai di olio extravergine d'oliva
un pizzico di sale
un cucchiaino raso di curcuma
acqua q b
per il ragù speziato di agnello
500 g di carne di agnello macinata
500g di polpa di pomodoro
un pezzetto di carota
mezza cipolla bianca
un pezzetto di sedano
poco aceto bianco
la punta di un cucchiaino di cumino
la punta di un cucchiaino di zenzero in polvere
la punta di un cucchiaino di cardamomo in polvere
un chiodo di garofano
sale
Preparare il ragù il giorno prima: tritare finemente sedano, carota e cipolla e farle stufare in poco olio in un largo tegame.
Aggiungere ora tutte le spezie (tranne il chiodo di garofano) e cuocere brevemente finchè ne sentirete sprigionare il profumo, rimestando con un cucchiaio di legno.
Aggiungere quindi la carne e farla soffriggere fino a quando apparirà cotta.
Sfumare con un paio di cucchiai di aceto bianco, e appena il liquido sarà evaporato aggiungere la polpa di pomodoro e il sale.
Cuocere a fuoco medio basso circa un'ora, semicoperto, mescolando di tanto in tanto.
A fine cottura aggiungere il chiodo di garofano e spegnere il fuoco.
Far riposare una notte.
Preparare i pici: fare una fontana con le due farine, e sciogliere la curcuma in poca acqua.
Unire sale, olio e acqua e cominciare ad impastare. Continuare per almeno dieci minuti, fino ad avere un panetto abbastanza morbido.
Avvolgerlo nella pellicola e farlo riposare mezz'ora.
Tagliare i pici come mostrato nella ricetta originale e farli asciugare brevemente su una teglia spolverati con poca semola.
Cuocere i pici in abbondante acqua salata per circa cinque minuti, quindi servirli con il ragù preparato, a cui va tolto il chiodo di garofano.
mercoledì 23 gennaio 2013
Starbooks di Gennaio 2013: Shortbread al brown sugar
Diciamo che un po' ce lo si aspetta sempre, il fallimento.
Perchè nulla può essere perfetto.
Men che mai un libro di cucina.
Leggere gli ingredienti di questi dolcetti sul libro dello Starbooks di questo mese, ovvero "The Unofficial Dowton Abbey Cookbook" mi ha fatto sussultare.
Ma come, gli shortbreads con le uova?
E con una tonnellata di brown sugar?
Beh, sul secondo punto mi lamento poco :-)
Cominciamo.Burro che monta con il brown sugar.
Timer che segna i cinque minuti di orologio, che da queste parti siamo fastidiosamente precisi.
Le uova ad una ad una, e che vedo.
Una nuvola.
Una nuvola scura, morbida.
Non posso non assaggiare.
Santo cielo, voi non fatelo: è una roba indescrivibile.
Sa lontanamente di caramello, grazie allo zucchero scuro.
Me ne stacco a fatica e solo per aggiungere gli ingredienti secchi.
E' bellissimo.
Montato, gonfio, morbido.
Di nuovo assaggio, e rischio che gli shortbreads nemmeno lo vedano, il forno...
Leccare la spatola con cui livello l'impasto è una goduria unica.
E intanto studio.
Gli shortbreads non sono solo quelli che faccio sempre e che si sciolgono in bocca.
Ne esiste una varietà croccantina fuori e morbida dentro che appunto prevede brown sugar a dare un gusto quasi caramellato e uova nell'impasto.
Un incrocio tra un biscotto e un brownie, e questo dovrebbe dire tutto.
Buonissimi crudi, incredibili cotti.
So che lo zucchero sembra molto, e lo è: ma senza non avreste lo stessa resa.
E cercate proprio il brown sugar per realizzarli, ovvero quello zucchero addizionato di melassa che è alla fine della fiera l'ingrediente principale.
Mettetene un vassoio sul tavolo, e vi sembrerà di assistere ad un passaggio di cavallette.
Che questi inglesi con i dolci ci sanno proprio fare, niente da dire.
L'autrice del libro sottolinea come gli shortbreads abbiano fatto la loro comparsa già nel dodicesimo secolo, e che sia poi stata Mary, regina di Scozia, responsabile per averne migliorato la ricetta e per la conseguente diffusione.
E credetemi, se sono durati così tanto un motivo ci sarà ;-)
Ecco il resto delle ricette testate oggi dalla banda Starbooks:
Menù Turistico con Eccles Cake
Vissi d'arte e di cucina con Potatoes with Caviar and Creme Fraiche
La Apple Pie di Mary Pie con Saxe-Coburg Soup
Le chat egoiste con Crisp Chestnut Soup
Arricciaspiccia con Traditional Bakewell Tart
Andante con Gusto con Mr.Bates's Chicken and Mushroom Pie
Ale only kitchen con Chocolate Digestive Biscuits
SWEET BROWN SUGAR SHORTBREAD
per una teglia rettangolare da 33cm x 22cm
113 g di burro ammorbidito
400 g di brown sugar (leggere la nota a riguardo)
3 uova intere a temperatura ambiente
190 g di farina
un cucchiano di lievito per dolci
la punta di un cucchiaino di sale
2 cucchiaini di estratto di vaniglia
un cucchiaino di succo d'arancia
Battere con le fruste elettriche il burro insieme al brown sugar per almeno 5 minuti. Si dovrà ottenere una massa ben montata.
Unire quindi un uovo alla volta continuando a battere.
A parte mescolare farina, lievito e sale.
Aggiungere questo mix di polveri al composto di burro sempre battendo con le fruste ( piano, all'inizio o vi ritroverete infarinate!
Unire la vaniglia e il succo d'arancia, e amalgamare.
L'impasto è morbido, versarlo quindi nella teglia imburrata o coperta con carta forno livellandolo.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 30 minuti, finchè ben dorato e quasi lucido in superficie.
Lasciar raffreddare in teglia per almeno 20 minuti, quindi sformarlo e tagliarlo a quadrotti.
NOTE:
- sono morbidi dentro e più croccanti fuori, ma non cuoceteli troppo per non perdere questa caratteristica.
- si conservano un paio di giori in una scatola di latta.
- aggiungo una nota dato che viene chiesto in continuazione, lo sottolineo: il Muscovado non va bene. Dovete cercare il brown sugar o farlo in casa con queste proporzioni.
lunedì 21 gennaio 2013
Biscotti furbissimi di avena e banana (senza farina, burro, zucchero, lievito nè uova)
A volte ritornano.
Nonostante avessero, secondo me, ottime possibilità di essere portati via dall'Arno in piena.
O rimanere incastrati tra i sampietrini.
Invece no, sono stata smentita.
I miei coraggiosi colleghi americani sono tornati dalla vacanza italiana.
Li attendevo con ansia.
Loro, e il certo numero di perle che sapevo non mi avrebbero risparmiato.
La pizza non è come in America.
Ancora??? Insomma, sei appena stato in un paio delle città più belle del mondo, ti sarai riempito gli occhi di arte, storia, cultura e bellezza.
Manco per niente, e l'unica parte del corpo piena è la pancia.
Sorrido annuendo.
Mangiate molte cose buonissime oltre alla pizza.
Grazie per avermelo ricordato.
La sorpresa nei loro occhi non mi induce ad essere accomodante e non riesco a risparmiarmi la battuta che la salsa Alfredo nei supermarkets non l'hanno sicuramente trovata, però.
Il mio umorismo forse non viene colto :-)
I segnali stradali sono tutti in italiano. Non c'è scritto "Florence" sul cartello ma "Firenze".
Ho già detto che cerco di non essere scortese. Ma non riesco a non spalancare gli occhi.
Beh, non vi siete persi però.
Il fatto che da noi si parli l'Italiano deve essere sfuggito.
Come molte altre cose.
C'è troppa gente in Piazza San Pietro, non si riesce a camminare.
E magari era pure domenica???
Beh, lamentela da presentare al capo dello Stato di cui la piazza in questione fa parte.
Di nuovo sono guardata come un marziano ( o solo come un italiano :-)
Non si riesce a camminare nemmeno sui sampietrini, cambiateli.
Non ne ne nego la scomodità, specie con certi tacchi, ma qui sta il bello.
Tenerseli con ostinazione nonostante siamo stati avvisati della possibilità di usare l'asfalto: semplicemente perchè possiamo permetterci di essere superiori alla modernità.
Punto di vista non condiviso, comunque.
A Roma poi il lungomare non c'è.
Questa giuro di averla quasi evocata, sin da quando ho cercato invano di spiegare che la crociera sulla quale dovevano imbarcarsi non faceva sosta a Roma, come invece indicato dal loro depliant, ma a Civitavecchia.
Un bel " ve l'avevo detto!" mi è uscito di bocca da solo.
E come risposta, la migliore.
Il silenzio :-)
Allora, questa ricetta fa parte delle assurdità cucinate dal mio amico Nigel, quello dei pancakes in due ingredienti per capirci.
Fissato con il fitness quanto la sottoscritta ha condiviso volentieri questi biscottini super sani, ottimi per chi è a dieta, per gli sportivi, per chi vuole uno snack dolce senza peccare troppo e che sia adatto a quasi tutti, vegan ed intolleranti al lattosio e uova compresi.
Ovvio che i biscotti con mezzo kg di burro e zucchero siano meglio :-) ma questi sono un compromesso sano per non doversi completamente privare di uno sfizio, buoni da sgranocchiare ad ogni occasione.
E le gocce di cioccolato ci stanno proprio bene, mettetele!!!
Comunicazione di servizio: date le molte richieste nasce oggi l'etichetta "da portare in ufficio", ovvero cibi facilmente riscaldabili, o trasportabili per i pranzi al lavoro. Spero vi sia utile!
BISCOTTI AVENA E BANANA
per 8-10 pezzi piccoli
una grossa banana molto matura
50 g di avena in fiocchi
a scelta gocce di cioccolato, uvetta...oppure nulla
Affettare la banana e metterla in una ciotola con i fiocchi d'avena
Usando le mani stringere l'impasto in modo da schiacciare ben ben il tutto e formare una massa che stia insieme.
Prelevare mucchietti di impasto pressandoli con le mani dando una forma più o meno tondeggiante che andranno su una teglia coperta con carta forno.
Aggiungere ora ad ogni biscotto l'eventuale terzo ingrediente.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 10 minuti.
Far raffreddare prima di servire.
NOTE:
- non stracuocere i biscotti o diventano duri.
- la consistenza finale, dopo il riposo, è croccantini fuori e morbidi dentro.
- non mangiarli caldi, sono buoni freddi.
- migliorano con il riposo.
- conservarli da freddi in una scatola di latta o un barattolo di vetro, durano anche 4-5 giorni.
-per gli amici celiaci: qui in Arabia vendono l'avena senza glutine, e da una ricerca on line vedo che si trova anche in Italia. Così se proprio volete provarli potete senza problemi .-)
mercoledì 16 gennaio 2013
Starbooks di Gennaio 2013: Zuppa di porri e patate, non la solita
L'ho già detto, e lo ripeto.
Nella vita o mi piaci subito, o difficile tu possa riuscire nel futuro.
Sia tu un essere umano, un piatto, una serie tv, un maglione o una casa.
O un libro, appunto.
E libro che abbia a che fare con serie tv già parte svantaggiato.
Si perchè sotto le grinfie della banda dello Starbooks questo mese l'inaspettato: The Unofficial Downton Abbey Cookbook di Emily Ansara Baines.
Avete guardato l'omonima serie in televisione?
Ora non so a voi, ma le atmosfere dei castelli nella brughiera hanno sulla sottoscritta una capacità di coinvolgimento come poche altre.
Saranno gli abiti.
I tempi.
La storia.
Le buone maniere.
L'etichetta.
Non lo so, ma tant'è.
Ecco, la cucina forse no.
Ma sbagliavo.
In effetti sfogliando il libro noto che mangiavano molto meglio di quel che pensassi...e la deliziosa divisione tra i cibi dei padroni e quelli della servitù mi fa ritenere entrambe le parti degne di più di un'incursione.
L'autrice non è inglese, ma americana: glielo perdoniamo, visto che ha saputo mettere insieme un libro vero e non un pretesto per tenere due pagine insieme.
Con ricette autentiche e tanto di note storiche e di galateo che rendono la lettura piacevolissima al di là delle mere istruzioni di cucina.
E tanto di cappello, alla signora, che è riuscita laddove avevano già fallito in tanti: farmi acquistare un libro di cucina senza foto.
Di solito ne diffido.
Qui, invece, quasi a sottolineare con un paradosso la veridicità del tutto, altezzosamente.
Della serie "le ricette sono vere, e vengono."
Se hai il coraggio di provare.
Senza naso all'insù ;-)
Prima ricetta testata, una zuppa di porri e patate: che non suoni banale perchè non lo è, oltre ad essere assolutamente british!
Innanzitutto una precisione delle dosi che fa riuscire il piatto senza cambiare una virgola, ma soprattutto l'uso di profumi e aromi che da piatto stravisto tira ne fuori una versione piena di carattere.
Che sotto sotto i nobili inglesi sono, oggi come allora, pizzicosi come il Tabasco che c'è qui ;-)
Fondere il burro in una larga casseruola, aggiungere i porri il sale ed il pepe, girare bene e mettere il coperchio.
Cuocere quindi su fuoco basso per circa 15 minuti, controllando spesso. Non lasciare che i porri scuriscano!
Aggiungere quindi il brodo, l'acqua e le patate.
Potare a bollore, abbassare il fuoco e lasciar cuocere scoperto per circa 25 minuti.
Unire maggiorana, prezzemolo e timo e cuocere per 10 minuti ancora.
Aggiungere il Tabasco solo alla fine e regolare di sale e pepe.
NOTE:
- L'autrice definisce la zuppa "sorprendentemente leggera". Lo è, ma riempio parecchio per via delle patate...
- gli aromi scelti ne fanno un piatto, davvero, di gran lusso. Non ometteteli.
- la zuppa raggiunge una cremosità perfetta senza bisogno di frullatore, dato che i cubetti di patata tenderanno a sciogliersi leggermente nel resto dei liquidi.
- come tutte le zuppe è più buona dopo un po' di riposo.
Nella vita o mi piaci subito, o difficile tu possa riuscire nel futuro.
Sia tu un essere umano, un piatto, una serie tv, un maglione o una casa.
O un libro, appunto.
E libro che abbia a che fare con serie tv già parte svantaggiato.
Si perchè sotto le grinfie della banda dello Starbooks questo mese l'inaspettato: The Unofficial Downton Abbey Cookbook di Emily Ansara Baines.
Avete guardato l'omonima serie in televisione?
Ora non so a voi, ma le atmosfere dei castelli nella brughiera hanno sulla sottoscritta una capacità di coinvolgimento come poche altre.
Saranno gli abiti.
I tempi.
La storia.
Le buone maniere.
L'etichetta.
Non lo so, ma tant'è.
Ecco, la cucina forse no.
Ma sbagliavo.
In effetti sfogliando il libro noto che mangiavano molto meglio di quel che pensassi...e la deliziosa divisione tra i cibi dei padroni e quelli della servitù mi fa ritenere entrambe le parti degne di più di un'incursione.
L'autrice non è inglese, ma americana: glielo perdoniamo, visto che ha saputo mettere insieme un libro vero e non un pretesto per tenere due pagine insieme.
Con ricette autentiche e tanto di note storiche e di galateo che rendono la lettura piacevolissima al di là delle mere istruzioni di cucina.
E tanto di cappello, alla signora, che è riuscita laddove avevano già fallito in tanti: farmi acquistare un libro di cucina senza foto.
Di solito ne diffido.
Qui, invece, quasi a sottolineare con un paradosso la veridicità del tutto, altezzosamente.
Della serie "le ricette sono vere, e vengono."
Se hai il coraggio di provare.
Senza naso all'insù ;-)
Prima ricetta testata, una zuppa di porri e patate: che non suoni banale perchè non lo è, oltre ad essere assolutamente british!
Innanzitutto una precisione delle dosi che fa riuscire il piatto senza cambiare una virgola, ma soprattutto l'uso di profumi e aromi che da piatto stravisto tira ne fuori una versione piena di carattere.
Che sotto sotto i nobili inglesi sono, oggi come allora, pizzicosi come il Tabasco che c'è qui ;-)
Ecco le altre ricette testate oggi dalla banda Starbooks :
Menuturistico con Edwardian Tikka Masala Chicken
La Apple Pie di Mary Pie con Crispy Roast Duck with Blackberry Sauce
Vissi di Cucina con Classic Vanilla Rice Pudding
Le chat egoiste con Filet Mignon with Fois Gras and Truffle Sauce
Arricciaspiccia con Mrs. Crawly's Smoked Salmon Sandwiches and Classic Cucumber Sandwiches
Ale only Kitchen con Soup à l'Oignon
Andante con Gusto con The Grief Apple Tart
CREAMY RUSSET LEEK SOUP
per 4-6 porzioni
40 g di burro (vegan per i vegani)
4 grossi porri tagliati per lungo, e poi a pezzi
250 ml di acqua
750 ml di brodo vegetale
1 kg circa di patate, pelate e tagliate a cubetti da circa un cm
un cucchiaino di maggiorana
abbondante prezzemolo tritato
2 cucchiaini di timo fresco
un cucchiaino di Tabasco
sale e pepe
Fondere il burro in una larga casseruola, aggiungere i porri il sale ed il pepe, girare bene e mettere il coperchio.
Cuocere quindi su fuoco basso per circa 15 minuti, controllando spesso. Non lasciare che i porri scuriscano!
Aggiungere quindi il brodo, l'acqua e le patate.
Potare a bollore, abbassare il fuoco e lasciar cuocere scoperto per circa 25 minuti.
Unire maggiorana, prezzemolo e timo e cuocere per 10 minuti ancora.
Aggiungere il Tabasco solo alla fine e regolare di sale e pepe.
NOTE:
- L'autrice definisce la zuppa "sorprendentemente leggera". Lo è, ma riempio parecchio per via delle patate...
- gli aromi scelti ne fanno un piatto, davvero, di gran lusso. Non ometteteli.
- la zuppa raggiunge una cremosità perfetta senza bisogno di frullatore, dato che i cubetti di patata tenderanno a sciogliersi leggermente nel resto dei liquidi.
- come tutte le zuppe è più buona dopo un po' di riposo.
lunedì 14 gennaio 2013
Torta con le due arance dentro (senza burro)
Nomen omen.
Mica l'ho detto io, ma i nostri padri latini.
E diciamo che era tutta gente che raramente non ci azzeccava.
Un destino nel proprio nome, bello poterci credere.
Chissà sia stato per questo che da piccola andavo dicendo che da grande avrei fatto l'imperatore (non l'imperatrice, si badi bene) : d'altronde il mio viene dal greco e vuol dire "persona che porta una corona"...
Se valga anche per i soprannomi, o nicknames come si chiamano oggi, non è dato sapere.
Beh, in Arabia ci vivo, e quanto alla felicità ci si lavora: arabafelice ci può stare.
Non è particolarmente fantasioso, profondo o intelligente.
Ma mi chiamava così mio papà dopo il trasferimento tra le dune, e ci sono affezionata.
Tanti di voi che ho imparato a conoscere sono stati nicknames prima che persone.
Lo zio più famoso del web rimane tale pur conoscendone il nome proprio.
Il Gambetto nella Zuppa più profondo della blogosfera solo da poco ha avuto nella rubrica del mio telefono la conversione al suo vero.
Non è pigrizia.
E'...l'imprinting :-)
Quel primo nome che mi rimane in testa.
Come la parola zanzara che in arabo so dire solo in dialetto libico per averla imparata da quelle parti, mentre quella in arabo classico proprio non mi entra in testa, facendomi ridere dietro da tutti i sauditi che mi sentono.
Pazienza.
C'è di peggio.
Lettori e commenti su questo blog se ne vedono un certo numero.
Gli abituali, che riconosco spesso dallo stile, giuro, senza nemmeno leggerne la firma.
I distratti, gli attenti, i puntuali, gli indulgenti, i generosi, quelli che si lamentano.
I nomi più curiosi.
Quelli che consigliano, sempre troppo pochi.
Come lui.
Inconfondibile la firma.
Rimedi naturali per emorroidi.
Non state a cercarlo sul blog che i suoi commenti li ho dovuti cancellare.
Ora, non so cosa gli abbia fatto credere che si avesse bisogno dei suoi preziosi consigli.
Grazie, di cuore.
Soprattutto per essere recentemente sparito, gettando nella disperazione chi già mi invidiava cotanto seguito.
Per essere stato una meteora.
O un meteorismo.
D'altronde, come dice la supposta al missile: beato te che vai in cielo :-)
Sempre sul filo nel no comment, e il primo che dice che ognuno ha i followers che si merita lo fulmino!
Piuttosto provate questa torta che si fa in cinque minuti di orologio perchè si butta tutto nel robot: di solito ne vengono raccolte religiosamente anche le briciole...
Sbucciare le arance ed eliminare la parte bianca.
Tagliarle a spicchi ed eliminare i semi visibili, quindi metterli nel robot insieme alle uova e all'olio.
Frullare finchè il tutto è omogeneo, quindi aggiungere la farina, il lievito e lo zucchero.
Frullare brevemente e versare in teglia coperta con carta forno.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa mezz'ora, quaranta minuti (verificare con la prova stecchino.
Farla raffreddare quindi preparare la glassa: aggiungere allo zucchero a velo un cucchiaio del liquido scelto alla volta fino ad ottenere una consistenza nè troppo liquida nè troppo densa, ma che si possa versare facilmente sulla torta.
Aspettare che asciughi quindi servire.
NOTE:
- data la presenza della arance intere nel dolce questo si mantiene molto morbido per quattro, cinque giorni.
- è forse ancora più buono il giorno dopo quello di preparazione.
- lo zucchero come sempre può essere diminuto, se lo si gradisce, ma la torta per me viene benissimo così.
Mica l'ho detto io, ma i nostri padri latini.
E diciamo che era tutta gente che raramente non ci azzeccava.
Un destino nel proprio nome, bello poterci credere.
Chissà sia stato per questo che da piccola andavo dicendo che da grande avrei fatto l'imperatore (non l'imperatrice, si badi bene) : d'altronde il mio viene dal greco e vuol dire "persona che porta una corona"...
Se valga anche per i soprannomi, o nicknames come si chiamano oggi, non è dato sapere.
Beh, in Arabia ci vivo, e quanto alla felicità ci si lavora: arabafelice ci può stare.
Non è particolarmente fantasioso, profondo o intelligente.
Ma mi chiamava così mio papà dopo il trasferimento tra le dune, e ci sono affezionata.
Tanti di voi che ho imparato a conoscere sono stati nicknames prima che persone.
Lo zio più famoso del web rimane tale pur conoscendone il nome proprio.
Il Gambetto nella Zuppa più profondo della blogosfera solo da poco ha avuto nella rubrica del mio telefono la conversione al suo vero.
Non è pigrizia.
E'...l'imprinting :-)
Quel primo nome che mi rimane in testa.
Come la parola zanzara che in arabo so dire solo in dialetto libico per averla imparata da quelle parti, mentre quella in arabo classico proprio non mi entra in testa, facendomi ridere dietro da tutti i sauditi che mi sentono.
Pazienza.
C'è di peggio.
Lettori e commenti su questo blog se ne vedono un certo numero.
Gli abituali, che riconosco spesso dallo stile, giuro, senza nemmeno leggerne la firma.
I distratti, gli attenti, i puntuali, gli indulgenti, i generosi, quelli che si lamentano.
I nomi più curiosi.
Quelli che consigliano, sempre troppo pochi.
Come lui.
Inconfondibile la firma.
Rimedi naturali per emorroidi.
Non state a cercarlo sul blog che i suoi commenti li ho dovuti cancellare.
Ora, non so cosa gli abbia fatto credere che si avesse bisogno dei suoi preziosi consigli.
Grazie, di cuore.
Soprattutto per essere recentemente sparito, gettando nella disperazione chi già mi invidiava cotanto seguito.
Per essere stato una meteora.
O un meteorismo.
D'altronde, come dice la supposta al missile: beato te che vai in cielo :-)
Sempre sul filo nel no comment, e il primo che dice che ognuno ha i followers che si merita lo fulmino!
Piuttosto provate questa torta che si fa in cinque minuti di orologio perchè si butta tutto nel robot: di solito ne vengono raccolte religiosamente anche le briciole...
TORTA DELLE DUE ARANCE
per una teglia da 24cm di diametro
2 grosse arance
2 uova intere
190 ml di olio di semi
300 g di zucchero semolato
250 g di farina
una bustina di lievito per dolci, o 16 grammi se lo trovate solo sfuso
per la glassa
circa 5-6 cucchiai di zucchero a velo
succo d'arancia ( o anche acqua se la preferite neutra)
Sbucciare le arance ed eliminare la parte bianca.
Tagliarle a spicchi ed eliminare i semi visibili, quindi metterli nel robot insieme alle uova e all'olio.
Frullare finchè il tutto è omogeneo, quindi aggiungere la farina, il lievito e lo zucchero.
Frullare brevemente e versare in teglia coperta con carta forno.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa mezz'ora, quaranta minuti (verificare con la prova stecchino.
Farla raffreddare quindi preparare la glassa: aggiungere allo zucchero a velo un cucchiaio del liquido scelto alla volta fino ad ottenere una consistenza nè troppo liquida nè troppo densa, ma che si possa versare facilmente sulla torta.
Aspettare che asciughi quindi servire.
NOTE:
- data la presenza della arance intere nel dolce questo si mantiene molto morbido per quattro, cinque giorni.
- è forse ancora più buono il giorno dopo quello di preparazione.
- lo zucchero come sempre può essere diminuto, se lo si gradisce, ma la torta per me viene benissimo così.
giovedì 10 gennaio 2013
Torta di mele, mandorle e limoncello (senza burro nè olio)
Sempre a parlare di divieti.
Quello non si può fare, questo nemmeno.
In Arabia funziona così, specie se sei una donna.
Non ti puoi vestire come ti pare.
Non puoi uscire quando ti pare.
Non puoi guidare quello che ti pare.
Non puoi fare il lavoro che ti pare.
Che barba, che noia.
Che noia, che barba.
Che sia invece ora di parlare di ciò che alle donne è concesso?
Eh si, ci sono tante cose che le donne da queste parti possono fare.
Che credevate.
Roba che da noi in Occidente è vietata, qui si può fare.
Incredibile?
Ad esempio, qui le donne possono sposarsi all'età che desiderano.
E se dico qualunque età, intendo qualunque.
Pensate a quindici, sedici anni?
Quattordici?
Esagerati.
Anche otto anni bastano.
E se tuo marito ne ha ottanta cosa importa?
Paga il dovuto ai tuoi genitori, e via.
Silenzio.
Mica sempre.
Quindici anni, chissà quanti sogni.
Un pretendente che ne ha novanta.
I genitori accettano la proposta, o dovrei dire gli oltre diciassettemila euro di dote?
E lei subito dopo il matrimonio si barrica in camera da letto per due giorni, prima di riuscire a scappare dallo sposo evidentemente piuttosto arzillo.
Ora è tutto un susseguirsi di reazioni, inutili e tardive.
Le Associazioni per i diritti umani insorgono.
I genitori riprendono la ragazza, ma non potevano pensarci prima?
Lo sposo beffato rivuole i soldi, visto che la sposa ormai è persa.
Qualche attivista chiede che venga introdotta una legge che fissi ad almeno diciotto anni l'età minima delle spose.
Tutti a chiedere qualcosa.
Io sarei più propensa a dare.
Novantamila calci nel sedere.
Non commento ulteriormente e volutamente ;-) ma spero che almeno far conoscere queste storie possa servire a qualcosa.
Cambiando sempre volutamente argomento :-) vi invito a provare la torta di mele che viene fatta e rifatta da anni in casa arabafelice, senza perdere nulla del suo smalto!
Ricchissima di mele dentro, e non solo sopra, è buonissima e anche piuttosto leggera dato che non presenta grassi tranne quelli presenti nelle mandorle: ma quelli fanno bene ;-)
TORTA DI MELE, MANDORLE E LIMONCELLO
per una tortiera da 22-24 cm
2 uova intere
150 g dizucchero
100 g di crema di limoncello ( o limoncello normale, o Vov)
40 ml di succo di limone
buccia di un limone grattugiata
80 g di farina di mandorle
200 g di farina
una bustina di lievito per dolci ( o 16 grammi di quello sfuso)
4 mele (io Granny Smith, ma usate quelle che vi piacciono)
un pizzico di sale
Sbucciare le mele ed affettarle molto sottili usando la mandolina. Irrorarle con del succo di limone e lasciare da parte.
Battere le uova intere con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e ben montato.
Unire quindi il limoncello, la farina di mandorle, i 40 ml di succo di limone, il sale, la buccia grattugiata, la farina ed il lievito mescolando bene.
Aggiungere quindi le mele affettate (lasciandone alcune per la superficie) con tutto il succo nel composto di uova e farina: non sarà morbidissimo, girate tutto con un cucchiaio e non avrete problemi.
Versare in una teglia coperta con carta forno, appiattendo un pochino con un mestolo, ricoprire la superficie con le fettine lasciate da parte e spolverizzarle con un po' di zucchero.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per un'ora scarsa.
Far raffreddare prima di sformare e servire.
NOTE:
- la torta essendo così ricca di mele si mantiene umida e morbida per diversi giorni.
- il liquore dà alla torta un profumo buonissimo ma non si sente assolutamente, e ricordate che l'alcol evapora in cottura!
- non ho idea della provenienza della ricetta, che è scritta sul primo ricettario che ho cominciato appena sposata :-) forse la Prova del Cuoco...ma non ci giurerei.
lunedì 7 gennaio 2013
Infuso di zenzero e limone
Al peggio non c'è fine.
Lo diceva sempre una mia zia, e il cielo solo sa quanto l'abbiamo presa in giro per questa frase.
Non importava quanto grande la tragedia.
Quanto profondo il dramma.
Acuto il dolore.
Incontenibile la tristezza.
Non era mai abbastanza, secondo lei, e qualcosa di più agghiacciante stava sempre per arrivare.
Quanto aveva ragione.
Stessa coppia di colleghi americani, seconda puntata.
Non contenti di aver paragonato Firenze ad una giungla che nemmeno Rambo affronterebbe a cuor leggero, tornano alla carica, a poche ore dalla partenza.
Abbiamo un problema.
Immagino che debbano chiedermi quale insetticida portarsi, o quali vaccinazioni fare.
Non troviamo sulla mappa il porto di Roma.
Ah giusto, anche la capitale avrà la fortuna di vederli tra gli ospiti, tra breve.
Lo so, sono stata leggermente scortese.
I due signori in questione sono miei colleghi di lavoro da poco, e l'età per essermi genitori.
Lui insegna Technology & Computer, ma credo sia stato assente il giorno in cui alla sua Università studiavano Google e le sue molteplici applicazioni.
Lei History & Social Studies, e avrà completato la sua istruzione su libri dai quali le pagine sull'Europa erano andate accidentalmente strappate...
Non riesco a non spalancare gli occhi.
Dico che no, non lo trovano perchè non c'è.
Ma dobbiamo imbarcarci per una crociera e c'è scritto sul depliant: porto di Roma.
Non sapete la voglia di prenderli a calci.
O quantomeno di togliermi la soddisfazione di chiamarli ignoranti.
Non si può.
Sarei ancora una persona educata.
Spiego che Roma non è sul mare, e la crociera di certo partirà da Civitavecchia.
Panico.
Neanche avessi nominato una località sperduta nel deserto afgano.
Come ci arriviamo?
Vorrei rispondere a piedi, cercando di farsi strada tra le orde di Unni, Vandali, Ostrogoti e chissà quali altri popoli barbari.
Una scimitarra nel bagaglio a mano potrebbe tornare utile.
E medicine contro il colera.
Credetemi: ce li manderei volentieri.
Ma non intendo in vacanza :-)
Niente di meglio di un bell'infuso leggero e che aiuta la digestione per ingoiare certi bocconi :-)
Questa è una delle mie bevande preferite a prescindere dalla innumerevoli qualità: è proprio buona, a patto di essere grandi fans di zenzero e limone!
Calda è molto confortante, ma anche fredda è ottima.
INFUSO DI ZENZERO E LIMONE
dose per mezzo litro di infuso
mezzo litro di acqua
3 cm circa di radice di zenzero fresco
la buccia di un limone
succo di un limone
zucchero, miele o dolcificante ( io Stevia) per addolcire
Portare l'acqua a bollore, spegnere il fuoco e mettervi subito lo zenzero a fettine, la buccia del limone e il suo succo.
Far riposare 20 minuti e servire, dolcificando come si preferisce.
NOTE:
- è buonissimo caldo, ma provatelo anche freddo appena la stagione ve lo permette.
- diuretico e disintossicante capita a fagiolo dopo gli stravizi delle feste...
giovedì 3 gennaio 2013
Bon bon al burro di arachidi e cioccolato, senza uova, farina nè cottura!
Non puoi immaginare dove andiamo in vacanza!
Beh, non è vero, lo immagino eccome.
Al novanta per cento se mi viene detto da uno straniero vuole dire Italia.
Mi fa piacere, certo.
Ed in genere prelude ad una richiesta di aiuto per prenotazioni e simili.
Non questa volta.
Abbiamo già prenotato tutto!
Benissimo, per una volta non devo farmi carico di telefonate ed email verso hotel e bed&breakfast in madrepatria, che mi fanno venire il dubbio che ogni americano che venga in Italia abbia almeno un nostro connazionale tra i conoscenti o non riuscirebbe mai a partire.
Staremo a Firenze ed a Roma.
A questo punto avrei dovuto annuire.
Forse sorridere compiaciuta.
Ma mai chiedere, accidenti.
Come mi sarà venuto in mente.
Sono curiosa, si sa.
E vengo punita.
Non so bene dove stiamo a Firenze.
Ok, è normale.
Dalla mappa direi vicino ad un fiume, pensi sia una buona posizione?
Urca, mi è capitato un provetto esploratore.
Provo a dirgli che "quel fiume" è piuttosto lungo, non basta come indizio.
Ah si, sono anche vicino a un vecchio ponte.
Santo cielo, sto per non vederci più.
Vuoi vedere che il vecchio ponte è Ponte Vecchio?
Maybe.
Forse.
Andiamo bene.
Ma siamo stati in Vietnam anni fa, quindi pensiamo che non ci perderemo.
Secondo me in Vietnam ci si sono ritrovati per aver sbagliato aereo, credetemi.
E ho fortissima la voglia di regalare loro una cartina geografica.
Non capisco bene nemmeno la similitudine.
Faccio una faccia terribile, viene riferito da testimoni oculari.
Piuttosto disgustata, mentre dico che si, staranno bene.
Non per niente accogliamo turisti da...oltre duemila anni :-)
Really?
Mi viene chiesto con aria vacua.
Pietà.
Aspetto il resoconto quando rientreranno.
Chissà se mi racconteranno di anaconde nell'Arno e coccodrilli in piazza di Spagna.
D'altronde propositi per essere più buona non sono solita farne.
E non comincio ora ;-)
L'ignoranza non ha limiti :-) e senza limiti anche la mia gola!
Questi dolcetti sono una droga da quando una collega me li ha portati dagli USA: morbidi, scioglievoli, il gusto del burro di arachidi smorzato dallo zucchero e dal cioccolato...impossibile fermarsi ad uno.
Si fanno in un attimo, e sono talmente semplici da poter essere realizzati con i bambini, assistendoli solo quando si deve fondere il cioccolato.
Provateli per la calza della Befana!
BUCKEYE CANDIES
da American Food di Martha Stewart
per una ventina di pezzi
100 g di burro di arachidi
55g di burro a temperatura ambiente ma non sciolto
160 g di zucchero a velo
cioccolato fondente per ricoprirli
Lavorare il burro di arachidi con il burro mobido usando un mestolo o una spatola finchè saranno perfettamente amalgamati.
Unire quindi lo zucchero a velo a poco a poco lavorando prima con il mestolo e alla fine impastando il tutto con le mani.
Appena si ottiene un impasto amalgamato prelevarne piccole porzioni che andranno roteate tra i palmi delle mani formando delle palline.
Far riposare le palline in frigo, o meglio in freezer per una decina di minuti, quindi fondere il cioccolato.
Usando uno stecchino infilzare ogni pallina e passarla per metà nel cioccolato fuso, quindi appoggiarla su carta forno a rassodare.
Per renderli più carini con il dito far sparire il buchino che lo stecchino lascerà.
NOTE:
- conservati in frigo durano anche più di due settimane.
- possono essere anche surgelati.
- farli piccoli come dimensioni, risultano più gustosi.
- altre idee per la calza della Befana? L'immancabile carbone dolce , i marshmallow colorati, il fudge alla vaniglia o il croccante!
- nasce oggi, a grande richiesta :-), l'etichetta ricette velocissime: ovvero tutti i piatti che potete preparare e gustare in massimo mezz'ora! Tanti dolci, è vero, ma anche zuppe, primi piatti, secondi, addirittura pane... ;-)
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