mercoledì 27 febbraio 2013

Starbooks di Febbraio 2013: Polpette di agnello e pinoli con salsa tahine



Con il dolce andavamo sul sicuro.
Con il fritto, manco a dirlo.
Ma ora arriva il bello.
Una polpetta che non è una polpetta.
Senza uova.
Senza pangrattato.
Senza formaggio.
Tante spezie.
I pinoli.
Che siano buone lo percepisco in bocca a solo leggere gli ingredienti sul libro dello Starbooks di questo mese, ovvero Jerusalem di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi
La salsa poi, deve essere divina.
E fin qui tutto ok.
La prova del nove: l'augusto consorte.
L'uomo per cui la cannella è uno strumento del demonio, creato per soffocarlo nel disgusto.
Non parliamo di cumino, pepi, cardamomo e simili.
Per carità.
Figuriamoci se le mangia, c'è metà degli ingredienti che eliminerebbe dalla faccia della Terra.
Porto in tavola, ed aspetto.
L'aspetto è invitante, non ci piove.
Speriamo sia attratto dai pinoli...
E che non chieda.
Ne prende una, la salsa ci va insieme?
Certo.
Sono pronta ad alzarmi e mettere su l'acqua per uno spaghetto di salvataggio.
Tutta in bocca, la prima.
Accidenti al telefono che suona, inopportuno.
E invece di poter chiedere come sia mi tocca dire pronto.
Lo guardo mentre parlo, cercando di tagliare corto.
E' a quota tre.
Non credo si fermerà, a quanto pare.
Che buone, sono.
Sorrido.
Davvero, ti piacciono?
Moltissimo. Rifalle!
Non chiede, non domanda.
Uffa!
Vuoi sapere cosa c'è dentro?
Lo chiedo strafottente, gongolando della vittoria...
Mi spiazza.
No. Lasciami così. Non voglio sapere.
Se n'è mangiato dieci, di numero.
Dice che non leggerà nemmeno qui sotto, per non intaccare il ricordo.
Chissà se resisterà alla curiosità :-)


Queste kofta, che in arabo vuol dire proprio polpetta, sono semplici da fare e non richiedono ingredienti particolarmente complicati: ma quello che viene fuori è indescrivibile nei profumo e nei sapori.
Come al solito Ottolenghi confeziona una ricetta perfetta nelle dosi, maniacale come piace a me nelle indicazioni e dal risultato garantito.
Raccomanda che la carne di agnello sia comprata fresca e macinata di fronte a voi, possibilmente proveniente dalla spalla.
Quanto al burro per servirle, usatelo solo le mangiate subito: altrimenti rapprenderà formando una patina poco invitante.


 Ecco le altre ricette di oggi:

Menu Turistico con  Helbeh
Arricciaspiccia con  Basic Hummus
Le Chat Egoiste con  Chocolate Krantz Cakes
La Gaia Celiaca con  Mejadra
Ale only Kitchen con  Polpette al limone e porri
Andante con Gusto con  Pollo all'arak e clementine



Ed ora un veloce reminder dello Starbook: Redone, ovvero la possibilità per voi di provare e pubblicare le ricette già testate dalla banda Starbooks, o altre provenienti dai libri già utilizzati.
Per le indicazioni rimando al post apposito, mentre questo qui sotto il banner che potete utilizzare se decidete di aderire all'iniziativa. 
Vi aspettiamo! :-)




KOFTA B'SINIYAH
per circa 18 pezzi

per le polpette

400g di agnello macinato
400g di manzo o vitello macinato
150 g di cipolla
2 spicchi di aglio
50 g di pinoli
30 g di prezzemolo tritato
un piccolo peperoncino, privato dei semi 
un cucchiaino e mezzo di cannella
un cucchiaino e mezzo di all spice
 3/4 di cucchiaino di noce moscata
un cucchiaino e mezzo di pepe nero
un cucchiaino e mezzo di sale
burro o ghee per servirle, facoltativo

per la salsa

150 g di tahine
3 cucchiai di succo di limone
uno spicchio d'aglio
120 ml di acqua
sale 
paprika dolce



Mettere le due carni, le spezie, la cipolla tritata fine, l'aglio tritato fine, i pinoli tostati in padella e grossolanamente tagliati, il prezzemolo tritato, il peperoncino e tutte le spezie insieme al sale.
Mischiare molto bene con le mani stringendo il composto tra le dita.
Formare quindi degli ovali da circa 60g ciascuno, stringendoli bene in modo che tengano la forma.
Mettere in frigo fino al momento di cuocere.
Per la salsa, mescolare la tahine, il succo di limone, l'acqua, l'aglio tritato e un pochino di sale.
Dovrà essere più fluida del miele, quindi valutare se aggiungere ulteriore acqua.
Scaldare poco olio di semi in una padella e rosolare le polpette da tutti i lati.
Scolarle e passarle in forno a 200 gradi per circa 2, massimo 4 minuti, finchè saranno ben cotte anche all'interno.
Sistemare la salsa in una teglia, adagiarvi sopra le polpette e rimettere tutto in forno giusto il tempo che si scaldi, un minuto al massimo ( la salsa non deve cuocere!)
Servire subito volendo con del burro o ghee fuso sopra, se si vuole,  guarnendo il piatto con altri pinoli tostati, della paprika dolce e qualche foglia di prezzemolo.

NOTE:

- le polpette crude possono stare in frigo anche una giornata.

- le polpette crude si possono surgelare.

- le polpette possono essere cotte con molte ore di anticipo, e poi scaldate con la salsa poco prima di essere servite.

- sono molto buone anche a temperatura ambiente.

- l'all spice è un tipo di pepe, non un mix di spezie. E' chiamato anche pimento o pepe di Jamaica. In Italia si trova nelle drogherie proprio con questi nomi (a Roma ce l'ha Castroni), ed il suo aroma ricorda un po' un mix di noce moscata, chiodi di garofano e cannella.


mercoledì 20 febbraio 2013

Starbooks di Febbraio 2013: Latkes

Questa volta, a differenza della prima, la foto c'è eccome.
Su quella pagina di Jerusalem, di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi, un vero incanto.
Perchè tanto si sa.
A certe cose non si rimane indifferenti.
Non parlo di un tramonto colorato o di un panorama mozzafiato.
Serve molto meno.
La foto di un fritto perfetto.
Croccante, brunito al punto giusto.
Ora, lo so che quasi nessuno frigge volentieri.
L'odore che rimane.
A volte addosso, e gli annali di casa arabafelice ricordano una sessione in cui la sottoscritta si presentò ai fornelli con una poco elegante cuffia da doccia in testa, per evitare che il lavoro del parrucchiere profumasse di olive ascolane per il resto della serata.
Gli schizzi d'olio, inevitabili.
Il tempo da perderci, e la sensazione di non finire mai, dato che c'è sempre qualcuno che assaggia lavoro durante.
Però eccome se ne vale la pena.
Una volta ogni tanto si può fare.
Alla fine qui la parte più noiosa è grattugiare patate e pastinaca in quella specie di infernale attrezzo da ferramenta in cui ogni volta lascio anche un pezzo di dito.
Mescolare i pochi ingredienti che servono, una passeggiata.
Formare i latkes e strizzarli tra le mani, un divertimento.
Che soddisfazione quando una ricetta viene esattamente come presentata nel libro a cui si attinge.
Quando le indicazioni sono chiare, le dosi esatte, i commenti e le note veritieri.
Il libro di qualcuno che questi piatti li ha preparati sul serio.
E con quelli di cucina, purtroppo, sta diventando una rarità :-)

Anche oggi Ottolenghi fa centro, per quel che mi riguarda: la bontà di questi latkes è innegabile, nonchè l'estrema facilità. Ancora una volta alla ricetta non va cambiata una virgola perchè riesca alla perfezione.
Assolutamente non perdete anche la versione dolce, che descrivo nelle note: sublime quanto quella salata!


Ecco le altre ricette testate oggi dalla banda Starbooks:

Menù Turistico  con  Saffron Chicken and Herb Salad
Andante con Gusto con   Musabaha e pita tostata
La Gaia Celiaca con  Muhallabia
Vissi di cucina con  Risotto d'orzo con feta marinata
Le Chat Egoiste con  Burnt aubergine with garlic and lemon
Ale only Kitchen con Tahini Cookies






LATKES
per circa 12 pezzi


600g di patate crude grattugiate (peso al netto degli scarti) con una grattugia a fori grossi
300g di  pastinaca cruda grattugiata nella stessa grattugia
30g di erba cipollina a pezzetti
4 albumi
2 cucchiai di amido di mais (maizena)
sale e pepe
olio e burro per friggere
panna acida per servire

Sciacquare le patate grattugiate in una ciotola di acqua fredda, che andrà cambiata un paio di volte.
Scolarle quindi con un colapasta e metterle ad asciugare su un panno.


Quando saranno asciutte unirle alla pastinaca grattugiata, l'erba cipollina, gli albumi, un cucchiaino di sale, pepe a piacere e l'amido di mais.
Mischiare velocemente quindi scaldare olio e burro in padella su fuoco medio/alto.
Prelevare una porzione di impasto con le mani corrispondente a circa 2 cucchiai colmi, quindi premere il tutto tra i palmi per far uscire l'acqua in eccesso che si andrà formando.
Appoggiare quindi il latke (o più di uno!) nell'olio e burro caldi e premerli con una paletta per appiattirli.
Cuocere per circa 3 minuti per lato, girandoli con la paletta.
Devono risultare ben bruniti su entrambi i lati.



Continuare fino ad esaurire l'impasto, aggiungendo olio e burro se necessario.
Servire subito con panna acida, se piace.

NOTE:

- sono buonissimi ma vanno mangiati caldi: freddi lo sono meno, come tutti i fritti.

- l'impasto va preparato e cotto immediatamente, dato che tende a diventare pareccho acquoso. Ricordarsi di strizzare ogni latke molto bene di cuocerlo.

- se non trovate la pastinaca sostituitela semplicemente con altrettante patate grattugiate.

- ne esiste una golosissima versione dolce! Basta omettere il sale, il pepe e l'erba cipollina all'impasto, quindi cuocerli come indicato e spolverizzarli con zucchero semolato ancora caldi: provate, provate!!!



giovedì 14 febbraio 2013

Questo blog...








































....la sottoscritta e l'augusto consorte se ne vanno per una paio di settimane, lontani da computer, blog, uffici, scuole e vicini di casa.
Non so che tipo di connessione troverò, ma so per certo che non avrò molto tempo per controllare :)
Quindi domande, chiarimenti, richieste e ricette nuove tutti rimandati al mio ritorno.
Anzi no, ne verrà pubblicata una in mia assenza per una rubrica di questo blog: ma non vorrà dire che sono tornata, solo che la programmazione dei post funziona ;-)

A presto!   

mercoledì 13 febbraio 2013

Starbooks di Febbraio 2013: Ghraybea, ovvero i biscotti che ho sempre cercato

Una ricerca infinita.
Mille prove.
Mille impasti testati.
Ricette da cestinare, e biscotti a fare la stessa fine.
Qualcosa di commestibile, a volte.
Ma nulla di minimamente paragonabile ai ghraybea della mia pasticceria qui in Arabia.
Non è un biscotto.
E' IL biscotto.
Si scioglie in bocca, e va bene, più spesso in mano prima di arrivarci, da quanto è friabile.
E gustarsi le molliche un piacere senza fine.
Uno dei primi cibi assaggiati appena arrivata tra le dune, e uno dei miei tanti amori (culinari :-) a prima vista.
Niente da fare, a casa non vengono.
Poi arriva lo Starbooks di Febbraio, e con lui il nuovo libro da testare: Jerusalem di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi.
E' arrivato per posta a Roma, la scorsa estate.
Come sempre il libro si apre a caso.
I libri lo sanno a che pagina devono aprirsi, perchè ti parlano così.
Vedo la ricetta e giuro: ho la pelle d'oca.
Rientrata dalle ferie è la prima che ho provato.
Che ansia.
Ok, Ottolenghi di solito è una garanzia.
Ma questa la rincorro da anni, senza successo.
C'è il trucco e lui me lo svela: non il burro che ho sempre usato, ma quello chiarificato.
Che sia la volta buona?
Monto con le fruste, peso tutto al grammo.
L'impasto promette e profuma.
Profuma delle pasticcerie di qui in Arabia, dove tanti dolci ci sono in comune con Israele.
I due Paesi nemmeno hanno relazioni internazionali, come ho accennato, ma hanno moltissimo in comune.
Il cibo uno di questi punti d'incontro.
Che sorpresa trovare i miei biscotti preferiti in un libro sulla cucina di Gerusalemme.
Una consistenza quasi sabbiosa, stupefacente.
Non ne basta uno, due sono ancora pochi.
Sono loro.
Yotam Ottolenghi, grazie: fosse anche l'unica ricetta che riesce.
Ma questo libro già lo amo.
Non solo ricette.
Racconti, introduzioni che ti rapiscono.
Foto che ti cataputano altrove.
E speri che le pagine non finiscano mai :-)


Dunque, ho la ricetta che cercavo da anni.
Una delle poche che sul libro, in inglese, non riporti foto: ma non mi servono certo, dato che li conosco bene, e ben conosce me il pasticcere che ogni volta che ne compro cinque me ne regala altrettanti con un sorriso.
Un successo stratosferico, replicato già diverse volte.
Dettagliata e minuziosa, basta seguirla alla lettera per ottenere un risultato perfetto.
Mi ha fatto un certo effetto leggere che faccia parte di un ricordo d'infanzia dell'autore: se lui ha cercato la ricetta tutta la vita, ed io (per quel che valga!) da quando li ho assaggiati un motivo ci sarà!
Il nome in arabo vuol dire svenimento : rifateli, e scoprirete il perchè :-)


Le altre proposte dal libro di oggi sono:

Arricciaspiccia con  Basmati and wild rice with chickpeas, currants and herbs
Ale only Kitchen con  Falafel
Vissi di Cucina con  Spice Cookies
La Gaia Celiaca con  Balilah
Andante con Gusto con  Semolina, coconut and marmelade cake






GHRAYBEA
per circa 40 pezzi

200 g di ghee (burro chiarificato) freddo di frigo
70 g di zucchero a velo
370 g di farina
mezzo cucchiaino scarso di sale
un cucchiaio di acqua di fiori d'arancio ( o meno, a seconda dei gusti)
mezzo cucchiaio di acqua di rose (o meno a seconda dei gusti)
pistacchi non tostati e non salati


Mettere il burro chiarificato ben freddo e lo zucchero a velo in una ciotola e sbattere con le fruste elettriche per minimo cinque minuti di orologio.
Ho fatto nella planetaria, ecco cosa si deve ottenere: una crema chiara e montata.


Se si usa la planetaria ora sostituire la frusta con il gancio a K, ed unire la farina, il sale, le acque aromatizzate e mescolare piano per qualche minuto, finchè il tutto sta insieme.
Assolutamente non impastare a mano: in mancanza di planetaria lavorare pazientemente con una spatola.
Appena il tutto sta insieme avvolgere in pellicola e mettere in frigo per un'ora.
Ora staccare dei pezzetti di impasto, che sarà leggermente slegato e piuttosto morbido, del peso di circa 15 g ciascuno.
Usando i palmi e stringendo un po' formare delle palline da adagiare in teglia coperta con carta forno.
Appiattirle un pochino e premere un pistacchio su ogni biscotto.


Mettere 10 minuti in frigo (mia personale accortezza) e cuocere quindi in forno a 160 gradi per circa 17 minuti, tempo nel quale bisogna far attenzione che i biscotti rimangano assolutamente bianchi, è la loro caratteristica.
Non toccarli per nussun motivo da caldi, si romperebbero.
Far freddare e servire.



 NOTE:

- il burro chiarificato in Italia l'ho visto nel banco frigo dei supermercati SMA, in alternativa si può fare in casa seguendo le indicazioni di Martina.

- gli aromi usati danno un profumo diciamo importante ai biscotti. Consiglierei di diminuire leggermente le dosi se non siete abituati a questo genere di profumi, e Ottolenghi dice lo stesso ;-)

- il burro chiarificato freddo di frigo è meno duro del burro normale nelle stesse condizioni per cui si riesce a montare benissimo con le fruste.

- i biscotti cotti si conservano anche cinque giorni chiusi in una scatola di latta.

- l'impasto crudo può essere surgelato.

- esistono anche a forma di braccialetto, con un pistacchio a "cementare" le due estremità, oppure a forma di diamante con il pistacchio nel mezzo. Invece gli ebrei dello Yemen ne fanno una versione molto simile che chiamano nayem, con l'aggiunta di cardamomo all'impasto  e invece del pistacchio lo adornano con un chiodo di garofano.

lunedì 11 febbraio 2013

Mini cheesecakes con cuori al lampone








L'occasione davvero troppo ghiotta per lasciarmela scappare.
Una signora saudita invitata dal nostro compound, ovvero il centro residenziale riservato agli occidentali dove viviamo.
Incontrerà le donne presenti e ci fornirà di informazioni sulla vita locale, abitudini, tradizioni.
Wow.
Come devo aver già accennato occidentali e sauditi non si incontrano molto da queste parti: viviamo ben separati, e le occasioni per conoscersi sempre poche.
La signora entra nella sala a disposizione.
Le indovino gli occhi sotto il velo, dato che è completamente coperta: chissà se trasalisce lì sotto, a vedere quel tripudio di shorts, gonne strette e scollature.
Chiede di non farle foto per nessun motivo e si scopre anche lei.
Una ballerina di lap dance a Las Vegas vestirebbe in modo più castigato, ma si sa: è la reazione a tante limitazioni....
Le domande cominciano, lei risponde con sicurezza,
Scusate se mi annoio a sentire come si serve il caffè, per la milionesima volta.
E come sia scortese rifiutarlo quando viene offerto.
Fremo per chiedere altro.
Il suo parere mi interessa.
Come hai conosciuto tuo marito?
Se le avessi chiesto di mettersi a testa in giù non mi avrebbe fulminato come invece fa.
Come te, mi risponde con sprezzante ironia.
Dunque su una spiaggia, insisto, dato che così è andata, tra l'ilarità generale.
Sono guardata con compassione, mentre mi riferisce che è il suo matrimonio è stato combinato dalle rispettive famiglie.
Venuto a casa dai suoi genitori il futuro sposo l'ha esaminata a volto scoperto ed ha fatto un cenno con la mano per dire che la vista lo soddisfaceva abbastanza per prenderla in moglie.
Però.
Chiedo cosa avrebbe fatto se fosse stata lei invece a non gradire la scelta proposta.
Se potesse fulminarmi lo farebbe: e balbetta che non è possibile.
Insisto, ma non per cattiveria: che diavolo le passi per la testa vorrei comprenderlo davvero.
Dice che non posso capire, ed ormai ha il tono irritato di chi si sente punto sul vivo.
Forse è vero.
Taccio, che è meglio.
Ma è un'altra persona a chiedere delle procedure di divorzio da queste parti: beh, per l'uomo è una passeggiata.
Altro che cause, avvocati, tribunali.
Basta che pronunci una frase ( io ti ripudio) per tre volte davanti a testimoni e la cosa è effettiva: niente spiegazioni, motivi, burocrazia.
Per le donne un po' diverso: ci si deve rivolgere ad un giudice, portare a supporto non so quanti testimoni ed una motivazione più che valida.
E non è detto che la richiesta venga accettata.
Non resisto ad non parlare con l'ultimo dei miei interventi che verrà ascoltato, prima di essere classificata tra gli interlocutori indesiderati: è che proprio non mi sembra giusto, nè sensato.
Non pretendo che rinneghi ciò con cui è cresciuta, ma mi sarebbe piaciuto che ci avesse aiutato a comprendere il suo punto di vista.
Di nuovo, dice che sono io a non capire.
E poveretto tuo marito, aggiunge beffarda.
Ora, non credo si riferisse a ciò che l'augusto consorte mangia :-)
Pazienza.
Ma ancora me lo devono spiegare, cosa c'entri tutto questo con l'amore.



 Sempre in diretta dal Paese dove l'amore è un optional (non sempre, eh, ma purtroppo nella maggior parte dei casi) e San Valentino una festa vietatissima, sconcissima e peccaminosissima, un'idea per delle tortine romantiche, ma soprattutto buonissime!
Molto semplici da preparare e soprattutto si conservano in frigo per molti giorni senza perdere nel gusto e nella consistenza: che mica vorrete cucinare proprio quella sera ;-)




MINI RASPBERRY CHEESECAKES
per 5-6 tortine
da "The Best of Martha Stewart: cakes and cupcakes"

per la base

50 g di biscotti tipo Digestive
25 g di burro

per la crema

250 g di Philadelphia
un uovo intero
60 g di zucchero
succo di mezzo limone
scorza grattugiata di mezzo limone

per i cuori

40 g circa di lamponi freschi o surgelati (altri frutti rossi)

Preparare le basi: polverizzare nel robot i biscotti e mescolare la polvere al burro fuso. Dividere il composto ottenuto tra le basi di 6 stampini da muffins (ricoperti da pirottini!) pressando bene con le dita.
Cuocere le basi a 160 gradi per 10 minuti.


Mentre cuociono preparare la crema: sbattere con le frueste elettriche il Philadelphia con lo zucchero, unire quindi l'uovo, il succo e la buccia di limone.
Versare la crema sulle basi cotte e lasciare da parte.
Per i cuori: frullare molto bene i lamponi e volendo filtrare il succo per eliminare i semi (non l'ho fatto).
Versare una o più gocce di succo sulla crema di Philadelphia e aiutandosi con uno stecchino formare dei cuori stilizzati.


Cuocere le tortine in forno a 160 gradi per circa 25-30 minuti.
Tirarle fuori dal forno ma lasciarle nello stampo, quindi farle freddare a temperatura ambiente e poi almeno 4 ore in frigo.

NOTE:

- se avanza del frullato di lamponi può essere usato per accompagnare le tortine.

- le tortine durano anche una settimana da cotte, conservate in frigo.

giovedì 7 febbraio 2013

Burgers di riso, ceci e yogurt




L'ho già detto e mi ripeto, ahivoi.
Ma se c'è un lato impagabile dell'avere un blog è la quantità di posta che si riceve.
La leggo tutta, giuro, e rispondo.
Beh, qualche messaggio veramente maleducato è stato cestinato senza tanti complimenti.
Anche qualche proposta indecente, anche se a quelle in realtà avrei voluto chiedere quale sia la perversione dietro lo scrivere porcherie ad una sconosciuta.
Va bene.
Ma una delle domande più ricorrenti rimane quella che mi stupisce di più.
Come fai ad essere magra pur avendo un blog di cucina?
Ora, è vero che faccio da mangiare, e posto un sacco di dolci.
Con un sacco di burro.
Con un sacco di latte condensato.
La pasticceria americana ha su queste pagine un posto d'onore.
Intesa come pasticci, sia chiaro, non come preparazione d'alta classe.
Vero.
Ma mica penserete che mi ci nutra ogni santo giorno, ad ogni santo pasto!
Confessiamo: la settimana alimentare della sottoscritta e dell'augusto consorte sarebbe agli occhi dei più molto, molto noiosa.
Vellutate, zuppe, verdure al vapore.
Pasta con sughi leggeri, meglio se di pomodoro.
Pane regolarmente fatto in casa.
Carne, poca.
Pesce, moltissimo.
Un cioccolatino ogni tanto, e come dice l'augusto consorte solo per avere l'energia da spendere in palestra.
Già, la palestra.
Si è capito che ci passo probabilmente lo stesso tempo che spendo ai fornelli?
E mi ci diverto come una matta, a sudare e cercare di battere a tutti i costi chiunque mi stia vicino...
Il weekend, amici intorno e qualche sfizio mi sembrano più che normali.
E non mi privo certo di una fettona dei dolci che preparo, o della gioia di leccare una ciotola di impasto.
Insomma, segreti non ce ne sono.
Solo buon senso.
Privarsi delle cose che piacciono non funziona di certo.
Ma mangiare è un piacere sottile, non un'abbuffata continua...
Ma sono sicura che lo sa anche quella lettrice di ieri sera e che mi ha chiesto un post a riguardo.
Te l'avevo detto che ti avrei delusa.
Non lo sappiamo già tutti, che l'unico segreto è la moderazione? :-)


Sempre per la gentile lettrice di ieri sera, ecco un piatto che probabilmente farà storcere il naso a molti: eppure vi giuro che sono buonissimi!
Li mangia anche l'augusto consorte che di certi ha gusti ben più robusti dei miei...
Fidatevi sulla parola, e fateli oggi: scommettiamo che ve li richiedono?
Solo una preghiera: cuoceteli in padella antiaderente con pochissimo olio e non in forno: a quella leggera crosticina che formano, e che non verrebbe altrimenti,  sarebbe un peccato rinunciare.
E non ne vale la pena ;-)




SPICED VEGGIE BURGERS
dalla rivista Everyday Food di Martha Stewart
per 4 pezzi


125 ml di yogurt bianco naturale (di soia per i vegani)
mezzo cucchiaino di curry ( oppure paprika dolce, o qualunque spezia vi piaccia)
sale a piacere
un cucchiaino di succo di limone o lime
un barattolo di ceci, scolati dal liquido di conservazione (o l'equivalente di ceci lessati in casa, ovvero 210 grammi senza acqua)
un cipollotto
70 g di riso lessato (peso da lessato)
2 carote 
2 cucchiai di pangrattato
2 cucchiai di prezzemolo tritato , o coriandolo se piace


Cominciare mescolando lo yogurt con la spezia scelta, mezzo cucchiaino di sale e il succo di limone.
Lasciare da parte ed intanto nel robot mettere i ceci scolati dal liquido, il cipollotto e mezzo cucchiaino di sale.
Usare la funzione pulse finchè il tutto sarà omogeneo ma non proprio una pasta.
In una ciotola mescolare il riso, la carota passata alla grattugia a fori grossi, , il mix di ceci, il prezzemolo, il pangrattato e 2 cucchiaiate della salsa di yogurt preparata in precedenza.


Mescolare bene con le mani e dividere l'impasto in 4 porzioni a cui verrà data la forma di un burger.
Cuocerli in una padella calda con poco olio per circa 4 minuti per parte, tenendo il fuoco medio/basso.
Servire con la loro salsa.

NOTE:

- i burgers crudi si possono surgelare.

- sono buonissimi anche a temperatura ambiente, e possono essere preparati con diverse ore di anticipo.

- La spezia scelta può essere quella che preferite: se proprio non ne sopportate nessuna sostituitela con un mezzo cucchiaino di senape di Digione.



lunedì 4 febbraio 2013

Ciambelle zuccherate, le più soffici del mondo















In Arabia devi veramente indossare quel coso nero???
Veramente.
Certo, solo per la strada, chè dentro casa mia e nel compound, ovvero il centro residenziale dove vivo, posso stare come mi pare.
Anche nella mia American School non sono tenuta, grazie al cielo.
Altrove, è obbligo.
Il coso nero si chiama abaya e uscire senza assolutamente impensabile.
Lungo fino ai piedi, maniche fino ai polsi.
Bene accollato.
Sotto, anche un completo da lap dance volendo, tanto certo non è trasparente.
Non ci crederete mai, ma esistono le mode anche per le abaye.
Prima erano tinta unita, ora se ne vedono in giro con ricami scintillanti.
Indovinate chi sia stata tra i pionieri ad acquistarne una "moderna" :-)
Talmente ampie che lo stesso modello può essere indossato dalla sottoscritta, piuttosto filiforme, e da un lottatore di sumo.
Di nuovo indovinate chi sia stata a mettere in imbarazzo un sarto locale, chiedendo la terribile modifica.
Un'abaya stretta.
Strabuzza gli occhi e mi dice " no, no".
Non strettissima, spiego, solo un po' sagomata sui fianchi...
Niente da fare, il poveretto teme l'arrivo della terribile polizia religiosa, e non se ne fa niente.
Poco male, al primo viaggio in Italia la porto alla sarta di fiducia che mi guarda con compassione inaudita, mentre le spiego che non è poi tanto male.
L'abaya stretta quindi ora ce l'ho, nonostante i rimproveri ed i divieti.
Sulla testa, nulla: capelli al vento ed un sorriso sulla faccia che devo sforzarmi di contenere, dato da queste parti una donna troppo cordiale è guardata con disapprovazione.
Ogni tanto qualcuno mi sgrida anche per questo, e sempre porto pazienza: non si discutono troppo le regole del Paese in cui, fino a prova contraria, ho scelto io di vivere...
Peggio va quando dai rimproveri si passa alle vie di fatto.
Dal fornaio, poco tempo fa.
Ho letto il terrore nei suoi occhi un attimo prima di capire.
Da dietro di me qualcuno urla e mi tira i capelli a tradimento.
Di solito sono una persona assolutamente pacifica: ma quella gomitata che ho tirato è partita sola, in automatico.
E nemmeno era un poliziotto, ma una zelante signora locale, nascosta dietro un velo, che evidentemente cercava di rieducarmi.
A suo modo.
A mio, ho risposto.
Sia chiaro che un secondo dopo me la sono data a gambe levate (o velate?)
Ma come vestito di Carnevale quello che già porto mi sembra più che sufficiente :-)


Altra ricetta del periodo di Carnevale, che nonostante come andiamo vestiti tra le dune è vietato festeggiare...tanto per cambiare.
Viene dritta dritta da quella agenda gialla e marrone di cui ho già parlato e che apparteneva a mia mamma: questo già basterebbe a farmela annoverare tra le preferite, se non fosse anche che sono le ciambelle più buone che abbia mai assaggiato: una sofficità senza pari di cui vi innamorerete al primo morso.
Le provate? :-)




CIAMBELLE ZUCCHERATE
per una quindicina di pezzi

250 g di patate lessate (peso al netto degli scarti)
250 g di farina
1 uovo intero
buccia di un limone grattugiata
4 cucchiai di zucchero
50 ml di latte
80 g di burro
mezzo cubetto di lievito di birra ( oppure 4 grammi di quello disidratato)
un pizzico di sale


Aspettare che le patate intiepidiscano dopo averle lessate, quindi schiacciarle molto bene con lo schiacciapatate.
Unirel la farina, l'uovo, la buccia di limone, il sale, lo zucchero e il latte intiepidito in cui si sarà fatto sciogliere il lievito, quindi per ultimo il burro fuso ma non troppo caldo.
Impastare a mano o nell'impastatrice fino ad ottenere un panetto omogeneo che andrà fatto lievitare circa 45 minuti, ben coperto.
Riprendere l'impasto che sarà morbido e aiutandosi con pochissima farina formare delle palline che andranno bucate al centro con un dito, e poi allargate gentilmente tra le mani.
Posare le ciambelle su una teglia, coprirle e lasciarle lievitare un quarto d'ora.



Scaldare abbondante olio di semi in una larga padella e friggere poche ciambelle alla volta (devono poter galleggiare) finchè saranno ben dorate.
Passarle subito nello zucchero semolato e servire.

NOTE:

- l'impasto è piuttosto morbido ma resistete dall'aggiungere farina, è il segreto della loro sofficità.

- non cuocetele al forno: sono molto meno buone.

- sono ancora buonissime anche dopo diverse ore dalla cottura, sia a temperatura ambiente che scaldate leggermente al microonde.

- l'augusto consorte mi fa notare che queste per lui si chiamano "frati", non ciambelle :-)



Arabafelice in cucina! © . Template by Berenica.