lunedì 31 gennaio 2011

Torta golosa al cioccolato

Immagino sara' capitato a tutti.
Quello che sembra proprio un esemplare di homo rozzissimus varca la porta di casa e pensate di non avere piu' scampo.
Che l'abbia varcata va imputato a mio marito: d'altronde e' uno dei suoi tanti pregi l'essere ospitale, specialmente con connazionali momentaneamente all'estero che capitano sul suo cammino e un po' sperduti nello strano Paese in cui viviamo...
L'abito non fa il monaco, quindi non e' la canottiera che indossa ad impressionarmi.
In Arabia i fedeli vanno a fare il pellegrinaggio alla Mecca vestiti di solo un asciugamano bianco, quindi figuriamoci se possa farmi effetto una Cagi ultimo modello. Certo le chiazze gialle sotto le ascelle non mi spingono ad abbracciarlo, ma in fondo mica devo.
Il boxer/pantaloncino/costume scelto per fare pendant con la Cagi e' letteralmente mitragliato da quello che potrebbe sembrare sugo o sangue: dubitando che abbia sgozzato nessuno venendo verso casa nostra, opto per la prima possibilita'. Qualcosa, pero', nel suddetto pantaloncino non deve andargli bene, perche' continua a sistemarsi, grattarsi, aggiustarsi manco avesse uno scorpione nella biancheria .
Medito che usa la stessa mano che ha dato a me per salutarmi. Certo non si potra' dire che gli mettiamo soggezione...
Pero', pero'.
Sembra uscito da uno di quei film che adoro, alla Verdone per intenderci, e potrebbe facilmente essere scambiato per un clone di Mario Brega: dite tutto quello che volete, mi e' istintivamente simpatico.
Ogni osservazione che fa e' una battuta in romanaccio, e mi fa morire dal ridere. Cercate di capire, vivo con un toscano, con le C aspirate e "duecento" che diventa "dugento" manco fosse Dante in persona a parlare: ogni tanto un tuffo nella mia amatissima romanita' non guasta.
Seduto a tavola, e' uno spettacolo.
Andrebbe benissimo per un corso di buone maniere, ma al contrario, ovvero tutto quello che vi hanno sempre proibito di fare ma avete sotto sotto sempre sognato, con tanto di lamentela perche' non vede gli stuzzicadenti nell'apparecchiatura.
E' un'ottima forchetta, e fa il bis (alla quarta, come ha osservato mio marito) di tutte le portate.
Anvedi, sai cucina'!
Di gnocchi ne mangia quasi una teglia da solo, e meno male che ho il vizio di cucinare in abbondanza.
Ma e' con il dolce che perde ogni freno inibitorio, se mai abbia mostrato di averne qualcuno: che me poi da' quella che resta? ce faccio colazione dommattina.
La cuoca che e' in me e' appagata, la runner che ho nelle gambe felice di non dover aggiungere troppi km alla corsa quotidiana per smaltire gli eccessi , ma la foodblogger e' disperata: la torta non e' stata ancora immortalata...
Ci mettiamo d'accordo che manco una casa d'aste avrebbe potuto fare di meglio, contrattando quanto rimane a noi e quanto a lui, ormai ribattezzato homo simpaticissimus.
Potrebbe un dolce aver avuto pubblicita' migliore? :-)

Questa torta e' una delle quattro ricette proposte nell'opuscolo Valrhona "Ricette Golose". Una ricetta per ogni momento della giornata: colazione, merenda, cena e cocktail in serata con gli amici.
Con questo opuscolo Valrhona vi guida alla scoperta delle tecniche che vi permetteranno di affinare le vostre conoscenze culinarie e vi svelera' le ricette esclusive studiate per voi intenditori dai Pasticceri dell'Ecole du Grand Chocolate.
L'opuscolo e' disponibile nella Boutique Valrhona di Roma, in Piazza di Pietra 62, con i prodotti della gamma " Recettes et Chocolat ", cioccolato destinato alla cucina di casa ma che troviamo anche nei laboratori dei piu' grandi Maestri dell'arte del dolce.

E... nuovo mese, nuovo contest! Domani infatti parte La banda declina arancio..e tu, ci stai? , organizzato dalla Banda dei Broccoli. Cosa fare per partecipare? Preparare tante ricette a base di quel frutto meraviglioso che e' l'arancia! Ed attenzione, attenzione: sono tra i severissimi giudici :-)


TORTA GOLOSA AL CIOCCOLATO ( per una tortiera da 24 cm)

per la pasta frolla alle mandorle

120 g di burro
90 g di zucchero a velo
15 g di mandorle in polvere
un uovo intero
240 g di farina
due pizzichi di sale fino

per la ganache al cioccolato fondente

360 g di cioccolato fondente al 68%
250 g di panna liquida intera fresca
un cucchiaio di miele d'acacia
50 g di burro

Preparare la frolla: ammorbidire leggermente il burro a temperatura ambiente, fino ad una consistenza a pomata. Lavorarlo usando una spatola con il sale, lo zucchero a velo, le mandorle in polvere, l'uovo intero e 60 g di farina.
Quando il composto sara' omogeneo, unire i restanti 180 g di farina e lavorare molto velocemente.
Prendere la pasta e stenderla tra due fogli di pellicola trasparente fino allo spessore di 3 mm. Non stendetela con il mattarello a contatto, mi raccomando, e' troppo morbida per poterlo fare!
Mettere la pasta nella pellicola in freezer, e lasciarla finche' sara' completamente indurita.
Quindi riprenderla, darle la forma desiderata ed usarla per rivestire lo stampo, che va messo nuovamente in freezer per mezz'ora.
Intanto preriscaldare il forno a 150-160 gradi, quindi infornare la teglia fino a colorazione ambrata ( una ventina di minuti abbondanti, nel mio forno).
Anche se non specificato nella ricetta, ho preferito bucherellare la pasta con una forchetta e foderarla di carta forno e fagioli secchi, in modo da farle mantenere la forma.
Sfornare e lasciare raffreddare completamente.
Intanto preparare la ganache: sminuzzare il cioccolato e farlo fondere lentamente a bagnomaria.
In un'altra casseruola mettere la panna ed il miele, e portare ad ebollizione.
Versare quindi un terzo di questo composto bollente sul cioccolato fuso ormai fuori dal fuoco. Mescolare energicamente con una spatola descrivendo dei piccoli cerchi in modo da creare un "nucleo" elastico e lucido.
Incorporare il secondo e l'ultimo terzo procedendo allo stesso modo. Quando il composto si sara' intiepidito ed avra' raggiunto la temperatura di circa 40 gradi aggiungere il burro a pezzetti mescolando bene per rendere liscia ed omogenea l'emulsione.
Assemblare il dolce versando la ganache sul guscio di frolla ormai freddo. Far riposare in frigo un paio d'ore prima di servirla, ma tirarla fuori una ventina di minuti prima di consumarla.
Divina con una cucchiaiata di panna montata non zuccherata. Ed e' talmente buona che vi auguro non dobbiate dividerla con nessuno ;-)


Non e' un amore il piattino porta-fetta? A me piaceva da morire, dopo averlo visto qui. E in un battibaleno, a Natale, ne ho ricevuti addirittura tre, sia dallo Ziopiero che da Dadamilla...ed il bello e' che non si erano nemmeno messi d'accordo!!! Grazie, ragazzi, ogni volta che li uso vi penso...e li uso spesso ;-)

giovedì 27 gennaio 2011

Patate dolci glassate all'arancia

Ci invita a cena, ed ammetto di esserne stata quasi orgogliosa.
Lei, americana con non molta esperienza in campo culinario, ha da poco seguito una delle mie cooking classes di cucina italiana.
Che barba, che noia: sempre pizza e pasta, pasta e pizza. Non che interessi altro, a parte incursioni del tiramisu' fatto con vero mascarpone. E sia: gia' vedere che non scappano tutti quando affermo con faccia serissima e forse leggermente truce che non cuocere la pasta al dente dovrebbe essere considerato un crimine penalmente perseguibile aumenta in modo esponenziale la mia autostima.
Lei e' attenta, e fa tante domande. Certo, non quelle che mi sarei aspettata.
Perche' facciamo la pasta? Si trova al super! e' l'unica a cui non ho risposto.
Ci sediamo a tavola, lei e' felicissima, ansiosa dei nostri giudizi, indaffaratissima e scarmigliata: fa quasi tenerezza. Ci annuncia tutta contenta di aver trovato il perfetto connubio tra le nostre due culture gastronomiche, illuminata dalla mia lezione.
Figuratevi i livelli di autostima ora.
Mio marito gia' teme il peggio, come suo solito, glielo leggo in faccia. Io ammetto che no, piuttosto ho avuto fiducia. Essere inguaribilmente ottimisti non e' forse un pregio?
Arriva il piatto principale in tavola e la cuoca gongola: ha fatto le lasagne, e la pasta non e' comprata al super.
Io felicissima, lei di piu', mio marito sempre terrorizzato, il suo un po' sbronzo.
Prima porzione a me, grazie al cielo si sa che non mangio molto, e si contiene sulle quantita'. Seconda a mio marito, immensa. Straborda dal piatto, quasi.
Oddio, certo il sugo e' un po' rosso. E si che abbiamo preparato anche quello a lezione, con tanto di basilico del nostro orto. E mi sono sgolata a ripetere da diffidare da quelle bottiglie con marchi improbabili tipo (non scherzo, esiste davvero, e con la z come vedete) Pizza Piza che dovrebbero contenere authentic Italian sauce ed appena le apri sei indecisa se usarle come insetticida, lucidante per argenteria o direttamente per riverniciare il garage.
Per carita', per aver studiato ha studiato: Pizza Piza e' rimasta sugli scaffali del supermercato.
Peccato che al suo posto abbia usato la sua bottiglia di ketchup grand reserve, quella portata direttamente dagli USA, quella delle grandi occasioni.
Siamo un tantino orripilati: non e' che strati di pasta fresca e ketchup siano il massimo. Lei ne e' entusiasta, suo marito pure ma non conta vista la poca lucidita', il mio chiede con occhi supplichevoli la lavanda gastrica. Potrei mai io offenderla, dopo tanto lavoro?
Le dico che e' very different,  a very American version, e chi piu' ne ha piu' ne metta.
Il connubio l'ha trovato eccome.
Ma non basterebbe, ogni tanto, non fare finta di essere cio' che non si e', anche in cucina?
Che sia anche questo, il rispetto delle proprie radici :-)

La ricetta di oggi e' una vera americanata, lo ammetto. Pero' non ho cercato di italianizzarla, mi e' piaciuta cosi' com'e'. E' uno dei tanti contorni che si mangiano insieme al tacchino il giorno del Ringraziamento, e devo dire che il gusto agrumato e dolciastro mi ha conquistata. Se vi piacciono le patate dolci provatela, e ne resterete sorpresi come me.
E la mando a Labna, per il suo contest Mettere radici.



PATATE DOLCI GLASSATE ALL'ARANCIA

due o tre patate dolci
30 g di zucchero di canna
5 g di amido di mais (maizena)
mezzo cucchiaino di sale
un pizzichino di cannella
150 ml di succo d'arancia appena spremuto
20 ml di acqua
la buccia grattugiata di un'arancia
10 g di burro
gherigli di noce

Immergere le patate dolci intere e non sbucciate in acqua fredda. Portare ad ebollizione e calcolare 20-25 minuti: le patate dovranno essere tenere ma non completamente cotte.
Scolarle ed appena saranno maneggiabili sbucciarle e tagliarle a fette spesse circa un cm abbondante. Disporre le fette in modo armonioso in una teglia leggermente unta che possa andare anche in tavola e lasciare da parte.
Mettere in un pentolino lo zucchero, la maizena, il sale, la cannella e la buccia d'arancia. Mescolare ed unire il succo d'arancia, l'acqua ed il pezzetto di burro. Porre su fuoco medio e far cuocere fino all'ebollizione, facendola durare circa 2o 3 minuti, giusto il tempo che la salsa si addensi leggermente.
Versarla subito sulle patate, coprendole bene. Cospargere con gherigli di noce ed infornare in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 20-25 minuti.
Servire caldo.





NOTE:

- la preparazione puo' essere assemblata in teglia anche diverse ore prima di essere servita, e cotta quando serve.
- usatela per accompagnare preparazioni di carne piuttosto sapide, e ne sposera' magnificamente il sapore.

lunedì 24 gennaio 2011

Basbousa (dolce arabo di semolino)


L'approccio con una cucina diversa da quella a cui si e' abituati sin dalla nascita non e' sempre facile.
Da cosa comincereste voi, se improvvisamente foste catapultati a vivere in Medio Oriente?
Vi dico da cosa ho cominciato io: dai dolci.
Immagino che non sara' una sorpresa, vedendo il numero impressionante dei suddetti presenti su questo blog :-) e so che sembrera' volermi discolpare, se aggiungo che ovviamente non li mangio tutti io...
Ebbene, appena arrivata in Arabia fu una sorpresa il  numero e la bellezza delle pasticcerie, enormi, piene di vassoi colmi di dolciumi sconosciuti, con i commessi sempre gentili nell'offrirmi un pezzetto di questo, un assaggio dell'altro, orgogliosi di cercare di spiegare alla ragazza italiana piena di domande con cosa fossero realizzati, ed a ridere quando cercava di ripeterne i nomi senza successo.
Beh, se vi dicessi che capivo tutto mentirei, ma almeno e' servito da stimolo per migliorare la lingua locale:  tra le prime parole imparate infatti ci sono farina, zucchero, latte, burro, lievito...
Sento spesso dire che i dolci arabi sono stucchevoli. Alcuni , forse,  ma non se sono ben realizzati.
E la quantita' di zucchero presente e' prova dell'antichita' della ricetta, proveniente da tempi in cui il frigorifero non c'era, ed i cibi dovevano conservarsi a lungo nell'inclemente calura: e lo zucchero non e' forse un conservante naturale di indubbia qualita'?
Ammettiamolo pero', tanto sono innamorata della pasticceria locale quanto sono stata pigra nel replicarla a casa. E' cosi' comodo, trovarla gia' pronta e di qualita' eccelsa...e questa e' la riprova che probabilmente, se non fossi venuta a vivere all'estero, non avrei mai imparato a fare gnocchi, ravioli e pane: di necessita', virtu'!
Poi, qualche tempo fa, un'email in cui mi si chiedevano lumi su un dolce arabo mangiato molti anni prima, di cui non si ricordano bene ne' il nome, ne' gli ingredienti, se non che e' fatto con il semolino.
Faccio quindi un tentativo con il primo venutomi in mente, sperando di aver azzeccato il ricordo della gentile lettrice.
Che bello, se per una volta per realizzare un desiderio non servisse scomodare una bacchetta magica, ma bastassero due righe su un blog :-)

Questo dolce e' uno dei piu' comuni qui in Arabia. Lo troverete ovunque, nei forni, nelle pasticcerie, e ci sara' sempre qualcuno ad offrirvene un pezzetto. Facilissimo da realizzare, non e' assolutamente stucchevole. Non spaventatevi per la quantita' dello sciroppo, deve inzupparsi per benino.
Provatelo, magari per accompagnare un te, e vedrete: uno tira l'altro...

BASBOUSA (per una teglia rettangolare 20cm x 16cm)

500 g di semolino
30 ml di olio di semi
120 g di zucchero semolato
150 ml di latte
50 ml di acqua
2 cucchiaini di lievito per dolci
mandorle, per la decorazione

per lo sciroppo

250 g di zucchero semolato
125 ml di acqua
un cucchiaio di succo di limone
un cucchiaino di miele
2 cucchiai di acqua di rose, oppure acqua di fiori d'arancio, o poco estratto di vaniglia

Scaldare leggermente il latte con l'acqua e l'olio. Versarvi lo zucchero e girare finche' sara' sciolto. Unire al composto il lievito ed unire immediatamente al semolino. Girare con un cucchiaio fino ad ottenere un composto ben bagnato. Farlo riposare 10 minuti.



Stendere, aiutandosi con le mani, il composto nella teglia coperta con carta forno, in uno spessore di circa un cm. Dopodiche' con un coltello affilato incidere delle righe in diagonale in modo da ottenere una serie di rombi


Mettere una mandorla al centro di ogni rombo, premendo bene con le dita perche' vi rimanga "intrappolata".
Cuocere quindi in forno preriscaldato a 180 gradi per circa mezz'ora, ottenendo una colorazione leggermente dorata.
A circa 10 minuti dalla fine della cottura, preparare lo sciroppo: versare tutti gli ingredienti in un pentolino e portare a bollore. Abbassare il fuoco e far sobbollire dolcemente per 7-8 minuti.
Appena il dolce e' pronto, tirarlo fuori dal forno e versarvi sopra immediatamente lo sciroppo bollente


Lo sciroppo deve inzuppare per bene il dolce, ed andare ovunque, ai lati, sotto...
Lasciare raffreddare completamente prima di tagliare i rombi seguendo le incisioni fatte in precedenza.

NOTE:
- i dolcetti si conservano anche una settimana purche' chiusi in una scatola di latta.

giovedì 20 gennaio 2011

Sfizi di gamberetti

Bas non c'e' piu'.
Improvvisamente ha deciso di aver vissuto abbastanza, di aver acchiappato abbastanza uccelli, e di aver litigato a sufficienza con tutti i gatti del vicinato, di aver miagolato anche troppo, e se ne e' andato a riposare. Per sempre, pero'.
Non staro' a tediarvi con le sue avventure o magnificarvi le sue prodezze, ne' a raccontarvi la tristezza che e' piombata di colpo in casa,  d'altronde ogni gatto e' bello, bravo ed intelligentissimo  'a mamma soja, e chiunque ne abbia uno sa cosa intendo.
Pero', in vita mia, non avevo mai visto un gatto bilingue. Non ci credete?
Quando l'ho preso, o meglio ereditato dai suoi precedenti sciagurati padroni inglesi che lo abbandonarono senza troppi complimenti in giardino, non capiva una parola di italiano. Se dicevo "vieni, Bas" non si muoveva, ma se correggevo in "come here" arrivava di corsa.
Ci sara' voluto un paio di mesi, per arrivare alla comprensione reciproca. E scusate, e' sicuramente un record, dato che conosco miei connazionali che dopo anni di vita all'estero capiscono meno della meta' del numero di parole che capiva lui.
Dotato di invidiabile flemma, ha assistito temerario a qualunque esperimento culinario sia passato dalla mia cucina. Si metteva sul tappetino davanti al lavandino, ed osservava con interesse il via vai di pentole, forchette in terra, ed ogni tanto spatasci di teglie. Non che ci si avvicinasse,  troppo schizzinoso per dare soddisfazione alla sua padrona foodblogger.
Solo una volta mi ha aspramente rimproverato. Una Pasqua decisi di preparare le uova di cioccolato senza possedere lo stampo apposito. Qualcuno su internet affermava che si potesse ricoprire di cioccolato un palloncino...credo di averlo gonfiato troppo, o che il cioccolato fosse ancora troppo caldo: a meta' lavoro, mentre gia' gongolavo, il palloncino e' esploso. Cioccolato su di me, ovvio.
Cioccolato in terra, sui muri, sulle tende, sulle piastre elettriche, pazienza.
Ma cioccolato sul gatto no!!!!
Scappato per il botto, ci volle un po' a riacchiapparlo e convincerlo a farsi pulire prima di salire sul divano beige chiaro. Che il cioccolato non era granche' da leccare, dal suo punto di vista...
Ma piu' di tutto, lo ringrazio per avermi fatto capire a tempo di record le possibilita' intellettuali della nuova vicina americana, che evidentemente disturbata dal fatto che ogni tanto Bas passasse dal suo patio ( comunicante con il mio, ndr) mi chiese se potevo dirgli di smettere.
Alla mia risposta sorridente "in che lingua?" fece una faccia strana, e da allora mi rivolge la parola solo se necessario. Grazie al cielo, ed a Bas...
Beh, la finisco, che tanto l'avete capito che cerco di buttarla sull'allegro quando non lo sono per nulla.
D'altronde, questo blog non puo' sempre essere araboefelice come lo sciocco nick della sua proprietaria :-)

Questa e' l'ultima ricetta fatta con Bas gioiosamente tra i piedi. L'odore dei gamberetti lessati credo gli piacesse tanto quanto a mio marito...
Uno sfizio buonissimo, uno dei miei cavalli di battaglia, di quelli che non bastano mai e che ti chiedono di rifare talmente tante volte che immagini che alla fine verranno a noia. Eppure, ancora non e' successo ;-)

SFIZI DI GAMBERETTI ( per circa 35 sfizi piuttosto piccoli)

30 g di burro
50 g di farina
200 ml di latte
un albume
 un cucchiaio e mezzo di amido di mais
200 g di gamberetti lessati
prezzemolo
sale
pangrattato

Versare il burro in una casseruola e mettere sul fuoco. Appena fuso, buttarci la farina tutta insieme e mescolare velocemente con una spatola. Il composto fatichera' a stare insieme, non preoccupatevi.
Versare ora a poco a poco il latte, lavorando come se fosse una bechamelle, ed il sale. Consiglio all'inizio di mescolare con una frusta a mano, per sciogliere tutti i grumi, e di proseguire poi con la spatola.
Cuocere il composto, che dovra' essere molto sodo, finche' stara' insieme e tendera' a staccarsi dalle pareti in una unica massa compatta: di solito mi ci vogliono circa 7- 8 minuti.
La densita' del composto e' fondamentale per la buona riuscita del piatto, quindi meglio un minuto in piu' che uno in meno sul fuoco...altrimenti le palline tenderanno a disfarsi in cottura!
Togliere dal fuoco e lasciare intiepidire a temperatura ambiente. Unire quindi l'albume, i gamberetti lessati e tritati con la mezzaluna, il prezzemolo e la maizena. Mescolare energicamente ed aggiustare di sale.
Mettere ora il composto in frigo per un'oretta, e quando e' ben freddo usarlo per confezionare delle palline con le mani: vedrete che sara' lavorabilissimo.
Rotolare le palline nel pangrattato in modo che siano ben ricoperte.


Friggerle in olio ben caldo finche' saranno ben dorate e servire tiepide.

NOTE:

- si possono congelare da crude, e friggere direttamente dal freezer, ma attenzione che non brucino fuori e restino fredde dentro...
- possono essere tenute gia' impanate e non fritte anche due giorni in frigo.
- possono essere cotte un'oretta prima di servirle, e tenute in caldo o scaldate in forno. Fredde sono meno buone.
- invece di gamberetti e prezzemolo, potete provare salmone a pezzetti ed aneto, funghi trifolati e mentuccia, zucchine a julienne e basilico... o quello che volete ;-)




lunedì 17 gennaio 2011

Pan di Spagna (anarchico) di zia Angela


Di zia Angela vi ho gia' parlato nella ricetta dei suoi favolosi Tutu'.
E' una cuoca straordinaria, e nonostante la veneranda eta' e gli acciacchi non si risparmia ad impastare e cucinare se sa che noi nipoti sparsi per il mondo stiamo per arrivare.
A me, in particolare, ha sempre preparato questo pan di Spagna sin da che ero piccolissima
Da grande, chiederle la ricetta e' stato un attimo, e con gioia  mi ha dato le sue proporzioni, che a loro volta erano di sua madre, e prima ancora di sua nonna: peccato che per molto tempo non mi sia venuto come il suo...
E perche'? Perche' ho dato sempre per scontato che il procedimento fosse quello classico, di montare i tuorli con lo zucchero, unire l'amido, ed i bianchi alla fine..
Fino alla scorsa estate.
Ero a Roma, e sfogliavo uno dei tanti libri di mamma, quelli che sono ancora sul suo comodino e nessuno spostera' mai.
C'era una vecchia lettera dentro, in cui zia Angela le dava  non solo le dosi per il dolce, ma spiegava punto per punto il procedimento. Ho letto due volte, non mi sembrava possibile.
Anarchico e' dire poco. Un po' come lei, si potrebbe aggiungere se la conosceste...
Sperimentare il nuovo metodo e' stata una delle prime cose fatte, tornata in Arabia, ed ammetto di aver pensato, un attimo prima di unire i tuorli interi agli albumi montati, che forse zia Angela si era sbagliata.
Ed invece, ovviamente, chi sbagliava ero io.
Il metodo funziona, e pure a meraviglia.
Il pan di Spagna e' venuto proprio come il suo, tanto buono che me lo sono sempre mangiato cosi', senza nulla, a colazione e merenda di tante estati da ragazzina. E' stato bello risentire quel sapore, dopo tanto tempo.
E' buonissimo, leggero, un po' diverso dai soliti pan di Spagna anonimi.
E prendendo spunto dal  bellissimo post di Alex, e' proprio con questa ricetta che inauguro la nuova sezione del blog delle Ricette di casa mia : non sono tante, ne' particolarmente originali, ma preziose perche' ciascuna mi ricorda una persona, un momento, uno scorcio.
Un po' della mia vita, insomma.
E la ricetta va al consueto appuntamento con il calendario di Ammodomio.

Ed a proposito di contest, ne e' appena iniziato uno adattissimo al periodo : HART-to-HART , della scoppiettante EliFla. Il titolo non vi dice nulla? E' un gioco di parole preso da una romantica vecchia serie tv, che ha assonanza con la parola cuore, heart in inglese. E quindi cosa c'e' da fare? Ma presentare ricette a forma di cuore, ovviamente!
Ed attenzione, io sono uno dei giudici ;-)


PAN DI SPAGNA ANARCHICO DI ZIA ANGELA ( per una teglia da 24 cm)

6 uova grandi
180 g di amido di mais
240 g di zucchero semolato
il succo di mezzo limone
un pizzico di sale


Separare i tuorli dagli albumi.
Montare i bianchi a neve ben ferma con il pizzico di sale, usando le fruste elettriche ( io il Kenwood, zia Angela fa tutto a mano...).
Appena i bianchi sono ben montati, unire i tuorli, sempre con le fruste in funzione.
Non preoccupatevi, non si smontano!




Dopo qualche ulteriore secondo di lavorazione, quando vedrete la massa ben amalgamata e spumosa, aggiungere piano piano lo zucchero semolato.



Ed appena questo sara' amalgamato, unire il succo di mezzo limone (zia Angela dice che serve a togliere la puzza dell'uovo) e l'amido di mais rigorosamente setacciato, ma con le fruste spente.





Far andare le fruste solo il tempo di far amalgamare la maizena, anzi e' preferibile finire la lavorazione con la spatola, in modo da non smontare il composto che si presentera' piu' o meno cosi':


Versare l'impasto in una teglia imburrata e cosparsa con amido di mais, e non sbattetela sul piano di lavoro: non vorrete che le bolle d'aria all'interno, che tireranno su il dolce, si rompano!
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 25 minuti. Dopodiche' abbassare il forno a 170, e continuare per altri 10-15.
Assolutamente non aprire mai il forno durante la cottura del pan di Spagna, pena ottenere una poco invitante sottiletta ...
Queste sono indicazioni di massima, come ogni dolce la cottura va adeguata al proprio forno.
Alla fine spegnere il forno e lasciare il pan di Spagna all'interno, ma con la porta socchiusa ( in genere ci metto un mestolo a tenerla semiaperta) per 5-7 minuti.
Quindi tirarlo fuori, farlo intiepidire ed avvolgerlo in carta da pane e poi in una busta di plastica.
Aspettare che sia ben freddo prima di toglierlo dallo stampo.

NOTE:
- e' buonissimo da solo, per accompagnare la colazione o un te.
- e' ottimo anche farcito, ma in questo caso preparatelo in giorno prima di quello in cui intendete tagliarlo.
- si puo' surgelare, e scongelare lasciandolo a temperatura ambiente qualche ora. Anzi da semi-scongelato si tagliera' ancora meglio ;-)







giovedì 13 gennaio 2011

Involtini di cavolo cappuccio al salmone

Va bene che un challenge e' un challenge.
Va bene appassionarsi alle sfide.
Va bene l'entusiasmo con cui vi partecipo.
Ma qui siamo a rischio salute mentale, mia e del santo che mi vive a fianco, e chissa', forse anche il gatto ultimamente non e' piu' lui.
Leggo la ricetta della sfida in corso, per l'MT Challenge appunto, e mi metto le mani nei capelli.
Ma dico, di tutte le verdure del mondo, proprio l'introvabilissima, per me, verza doveva essere l'ingrediente obbligatorio??? Segue supplica a Mapi, e scambio di email con Ale.
Ok, accettano la sostituzione con il cavolo cappuccio, che di solito appare al supermarket in immense montagne che rischio di far crollare ogni volta che, pur se con cautela, ne acchiappo uno.
Bene, benissimo: sono salva.
Sono salva un corno!
Ve lo ricordate, si, che qui e nei dintorni si e' abbattuto recentemente il diluvio universale? E quindi e' con una sonora risata che il commesso ha risposto quando, sbigottita, ho chiesto dove fosse finita la montagna di cavoli, rispondendo con solo una parola, pioggia!
Ok, il diluvio ha bloccato momentaneamente i rifornimenti, ma e' pure passato da giorni!
E dato che qui il concetto di tempo ha un valore molto, molto relativo, la successiva domanda sui tempi del riassortimento ha avuto indietro un'altra, sola, laconica parola: inshallah.
Si, ed io che faccio con la ricetta, la posto...inshallah?
Proprio no, ed allora cosa si fa? Si va dal marito con un sorrisone, e gli si ricorda che voleva tanto andare a passare il weekend nella citta' super-iper-stramoderna che abbiamo a soli 400km.
Si sbattono pure le ciglia, che diciamocelo, possono sempre funzionare.
Si cerca di fare un faccino innocente, che non sembri proprio devo assolutamente reperire un cavolo cappuccio! ma piuttosto andiamo a cercare il nuovo arpione per il tuo fucile subacqueo.
Passando per il mega-iper-stramoderno supermarket, ovvio ;-)
Che tanto, sia chiaro, non la faccio franca. E alla faccia sorridente con tanto di sopracciglia alzate rispondo con la schermata del computer: non vorrai mica che non partecipi all'MT Challenge del mese?
Per carita'.
Ma soprattutto mi fa notare quello che, per essermi concentrata sulla verza, non ho ancora adocchiato: l'hai visto si, che gli involtini sono pieni di salsiccia?
Gulp, ma non e' ingrediente obbligatorio e passo oltre.
Che il coniglio al macellaio mi sono anche azzardata a chiederlo, il maiale eviterei, che qui e' reato anche nominarlo.
Ed allora si riempiono di...salmone, dato che ne ho appena comprato una quantita' indecente. E li profumiamo con l'aneto, e un po' di cipollotto.
E proprio per non farci mancare nulla,  aggiungo quel cucchiaino di panna al fondo di cottura: concedetemelo, ci sta di un bene.
E diciamocelo: un challenge senza challenge, che challenge sarebbe? ;-)



INVOLTINI DI CAVOLO CAPPUCCIO AL SALMONE ( per 5 involtini circa)

le foglie esterne di un cavolo cappuccio
100 g di filetto di salmone fresco
100g circa di patate lesse
2 cucchiai di ricotta
uno o due cucchiaini di albume
sale
aneto
un pezzetto di cipollotto
olio extravergine
poco vino bianco secco
poca panna fresca, per la salsina
brodo vegetale, solo se necessario

Sbollentare le foglie di cavolo per circa 3 o 4 minuti in acqua bollente. Subito dopo averle scolate immergerle in una ciotola piena di acqua e ghiaccio, in modo che mantengano il colore brillante.
Tagliare il salmone in piccoli cubetti con un coltello, e mescolarlo alla patata lessa schiacciata ed alla ricotta.
Ammorbidire con uno o due cucchiaini di albume ( ve ne sara'avanzato uno, no?) e salare a piacere.
Unire da ultimo un po' di aneto.
Posizionare al centro di ogni foglia un po' del composto preparato e chiuderle ad involtino.
In una pentola capiente a bordi alti mettere un cucchiaio d'olio ed uno di acqua, e farvi cuocere brevemente cuocere il cipollotto affettato sottile.
Adagiare quindi gli involtini con la chiusura rivolta verso il basso e farli rosolare qualche minuto, dopodiche' sfumare con un po' di vino bianco.
Semi-coprire la pentola e cuocere circa un quarto d'ora a fuoco moderato, e solo se necessario valutare se aggiungere poco brodo vegetale se il fondo di cottura dovesse asciugarsi troppo.
Togliere gli involtini dalla pentola, e deglassare il fondo di cottura con poca panna liquida. Far restringere leggermente, salare, e versare la salsina sugli involtini, decorandoli con un altro po' di aneto.
Servire subito.

lunedì 10 gennaio 2011

Treccine di ricotta


Che bello, che bello, che bello.
Saltello dalla gioia: un giorno tutto per me. Martedi' 4 gennaio, niente scuola oggi.
Niente caterva di ospiti da sfamare, nulla di troppo urgente da finire in casa. Il marito nemmeno viene a pranzo, impegnato com'e'.
Il mio piano criminale prevede accurata scelta del costume piu' adatto a prendere il sole in giardino per minimo le prossime due ore. Scelta ovvia, quello senza spalline, che non mi rimangano i segni.
Prendo l'asciugamano, e lo stendo.
Aspetta, bisogna che prenda il cappello: gia' i neuroni rimasti sono quello che sono, se mi gioco pure questi ultimi sono finita. Ecco, mi sdraio.
Ah no, che idiota: ho lasciato dentro casa il telefono, e me ne accorgo perche' squilla. Scatto olimpionico, e manco ci arrivo in tempo, sara' bene portarselo dietro.
Uffa, ed il libro? Corro ad acchiappare la biografia di Leopardi, ed uno sui biscotti, per evitare di finire il primo troppo in fretta...Mi sistemo, occhiali da sole e finalmente la mia mattinata puo' avere inizio.
Aspetta, il gatto e' rimasto dentro e miagola disperato che vuole abbronzarsi pure lui, potrei lasciarlo inascoltato? Si accomoda tutto contento sotto la sdraio ed io mi metto a combattere contro alcuni insetti che mi ronzano intorno con aria piuttosto minacciosa. Ma non dovrebbe essere il contrario?
Passo oltre, nemmeno i gatti sono piu' quelli di una volta.
La crema solare! Ma come ho fatto a dimenticarmene! Torno dentro, e divento in tre minuti piu' scivolosa di un capitone, ma la confezione dice che avro' una pelle meravigliosa.
Forse dopo, ma sicuramente per ora ho solo attirato tutti gli ultimi insetti volanti che ancora non si erano accorti della mia presenza.
Ed anche se siamo in inverno ci sono sempre 30 gradi: ho caldo.
Ecco, un salto un cucina a prendere un te freddo ed una cannuccia, che fa tanto vacanza.
Forse ce l'ho fatta.
Non dirmelo, il campanello. Accidenti a me e quando ho chiamato l'elettricista.
In realta' avevamo concordato per il pomeriggio, ma qui in Arabia il concetto di tempo e' molto, molto particolare...mi infilo al volo il copricostume piu' casto che ho, e gli apro. Chissa' cosa riferira'delle donne occidentali, che portano uno strato bianchiccio in faccia ed uno strano cappello colorato...
Aspetta, ce l'abbiamo fatta. Il problema che deve risolvere si rivela una sciocchezza, e' fuori in un quarto d'ora.
Mi guardo intorno: che altro diamine potrebbe remare contro la mia mattinata? Telefoni e libri, presi. Elettricista liquidato. Mi porto il laptop? Ma no. Ecco, prendo solo il giornale di oggi, vediamo che dicono dell'avvoltoio arrestato perche' ritenuto una spia di Israele ( la notizia e' vera, ndr).
Mi accomodo, ed assaporo i raggi sulla pelle. Caldi, luminosi.
Beh, mica tanto.
Apro gli occhi: c'e' qualcosa che non va, dev'essere arrivata una nuvola. Un nuvola??? Non e' possibile, ed infatti il cielo e' terso.Mi tolgo gli occhiali da sole, fossero loro a falsarmi la vista. Oddio, perche' tutto ha una luce diversa?
Sara' una mia impressione, ed ostinatamente prendo in mano il giornale. Per poco non mi prende un colpo: eclissi parziale di sole, visibilissima dall'Arabia Saudita dove la copertura del disco sara' del 44 %.
Basterebbe dirlo subito, quando non e' destino.

Le treccine nascono quindi durante il picco dell'eclissi, come avrete immaginato. Sono buonissime per la colazione o per accompagnare un te pomeridiano, se vogliamo leggere, senza uova ne' grassi, e mi fanno tener fede almeno per oggi alla promessa di postare qualcosa di non troppo calorico :-)
Sono morbidissime e hanno il pregio di farsi in un attimo!


TRECCINE DI RICOTTA ( da "Croissant e Biscotti" di Luca Montersino)

250 g di farina
175 g di zucchero (250 nella ricetta originale)
375 g di ricotta di pecora
8 g di lievito per dolci
5 g di sale
1 g di olio essenziale di limone, oppure buccia grattugiata

per la copertura
uovo battuto (oppure latte), e zucchero semolato

A mano o nell'impastatrice con il gancio a K amalgamate la farina, la ricotta, lo zucchero, il sale, il lievito e la buccia grattugiata (oppure l'olio essenziale, che io non ho). L'impasto dovra' essere liscio ma non eccessivamente lavorato.
Subito formare delle palline da circa 60 g ciascuna, che andranno lavorate in piccoli filoni e poi in trecce.





Adagiare le treccine su una teglia coperta con carta forno, e spennellarle con l'uovo oppure con il latte.
Spolverizzarle di zucchero semolato e cuocerle a 170 gradi  per circa una ventina di minuti, regolatevi dal vostro forno.
Luca Montersino dice di cuocerle a 150 gradi, ma nel mio forno e' stato necessario qualche grado in piu'.
Servire tiepide o fredde.

NOTE:
-le treccine cotte possono essere surgelate. Bastera' poi lasciarle a temperatura ambiente qualche minuto, e magari scaldare un attimo in forno bassissimo, per non farle seccare.

venerdì 7 gennaio 2011

Peanut butter fudge

Basta, è chiaro: non sono le feste, ma le vigilie che dobbiamo temere.
Cosa sia successo appena prima di Capodanno ve l'ho già raccontato. Ma non potevo credere che la somma delle sfortune si ripresentasse anche a poche ore dalla Befana.
Non che questa volta ci sia piovuto in testa, o in casa,  nè che si sia presentata la prima tempesta di sabbia della stagione. Non è nemmeno nevicato, che almeno ci avreste visto in televisione a darne testimonianza in diretta su qualche canale di news.
Molto più prosaico.
Primo, è morto il computer. Ribadisco, non si è rotto: è proprio passato a miglior vita, di punto in bianco, senza avvisaglia o sintomo alcuno.
E che mai sarà, direte, che in casa siete due e computer in realtà ce ne sono tre?
Si, ma ha deciso di morire proprio quello in cui mio marito teneva importantissimi files, ed io una serie di foto in quantità tale da aprirci un blog parallelo, o semplicemente tenere in vita questo per sei mesi buoni.
Secondo, dopo aver fatto uno sforzo sovrumano per spostare qualcosa per cui forse anche l'incredibile Hulk avrebbe alzato bandiera bianca, al marito è venuto il colpo della strega.
Passo sopra con disinvoltura sulle facili battute del caso, e procedo con l'invocare la vostra misericordia: secondo voi è peccato mortale aver avuto un attacco di risa a lacrime vedendo il poveretto che per alzarsi dal letto si è letteralmente lanciato giù dal materasso, rotolando?
Ed è peccato mortale avere detto al suddetto poveretto dolorante sul divano che il gatto appena saltatogli impudentemente sulla schiena intendesse solo fargli un cataplasma?
Terzo, ho macchiato in modo indelebile la mia sopracoperta preferita. Come, ha talmente del rocambolesco che non mi credereste mai, quindi passo oltre.
Quarto, è caduto di punto in bianco l'albero di Natale. 
Lo abbiamo trovato stramazzato al suolo, sul tappeto del soggiorno.
Per capire come abbia fatto andrebbero interpellati CSI, Bones, Lie to Me e mettiamoci pure il commissario Rex in seduta plenaria: in mancanza, ci accontentiamo di interpretarlo come segno del suo profondo desiderio di tornare alla  solita latitanza.
Per carità, tutto è bene ciò che finisce bene: il mal di schiena è quasi passato, ed il consorte tornato alla sua naturale posizione eretta. 
Il computer è stato rianimato, e non tutti i dati sono andati persi.
L'albero è stato risollevato e disfatto, tanto per non lasciare la sua supplica inascoltata.
Solo la sopracoperta rimane macchiata, ma me ne farò una ragione.
Sarà stata la Befana, a mandarci un messaggio subliminale migliore del solito carbone...
Che poi, per venire qui dove le donne non possono guidare, avrà avuto un autista, sulla scopa? :-)

Prometto ( ma ho le dita incrociate...) che da lunedì posterò taaaante cosine sane :-) ma questo è l'ultimo fine settimana di festa, in Italia, e forse avete ancora voglia di pasticciare, magari con i bambini.
Il risultato è divino, un bilanciamento perfetto di dolce con il salatino del peanut butter e la punta forte del cioccolato fondente a rendere questi fugde imperdibili.
Danno dipendenza, credetemi, e non saranno mai abbastanza durante le festicciole dei bimbi.


PEANUT BUTTER FUDGE ( di Martha Stewart)

3 cucchiai di glucosio
200 g di zucchero semolato
150 g di zucchero di canna
170 ml di latte 
la punta di un cucchiaino di sale
un pizzico di bicarbonato
6 cucchiai di peanut butter (burro di noccioline)
25g di burro, freddo di frigo
poco estratto di vaniglia, facoltativo
cioccolato fondente per la decorazione
olio di semi per ungere la teglia

Coprire la teglia scelta ( la mia è 20 cm x 20 cm) con carta forno,  velarla appena con olio di semi e lasciarla da parte.
Intanto mettere in un pentolino a bordi abbastanza alti ( il liquido tende a salire in cottura!!!) il glucosio, i due tipi di zucchero, il latte, il bicarbonato ed il sale.
Portare a bollore su fuoco medio, girando spesso in modo che lo zucchero si sciolga.
Appena bolle, abbassare leggermente la fiamma ed inserirvi un termometro da pasticceria. Come ho già detto il composto tende a salire, quindi farvi attenzione se non volete ritrovarvelo sulle piastre elettriche... come me.
Cuocere finchè si raggiungerà la temperatura di 115 gradi.
La riuscita del fudge dipende moltissimo dalla temperatura, stracuocerlo vuol dire perdere quella che sarà la vellutata consistenza finale, ed avere invece un composto slegato e granuloso.
Quindi il mio consiglio è toglierlo dal fuoco già quando arrivate a 114 ;-)
Appena raggiunta la temperatura, togliere dal fuoco e unire subito il burro freddo di frigo, girando velocemente con un mestolo o un cucchiaio.
Non badate al termometro in foto, era settato sui gradi Fahrenheit...




Dopo che il burro è amalgamato, aggiungere il peanut butter e girare benissimo con un cucchiaio fino ad avere un composto liscio, quasi lucido.



Versare il composto nella teglia preparata e lasciar rapprendere a temperatura ambiente. Toccatelo il meno possibile, i segni che fate ora rimangono!
Dopo un paio d'ore, quando sarà rappreso ma non del tutto, tagliare il fudge in quadratini oppure con stampini da biscotti delle forme preferite.
Praticare anche un forellino centrale che potrà essere riempito con il cioccolato.




Lasciar riposare una notte, ed il giorno dopo procedere alla decorazione preferita usando del cioccolato fuso ed un conetto di carta forno.

NOTE:
- si conservano anche dieci giorni, chiudi in una scatola di latta
- sono indicatissimi con dolcetto alternativo nelle feste dei bambini.
- il contrasto con il cioccolato fondente li rende assolutamente perfetti, per cui non omettetelo!

lunedì 3 gennaio 2011

Candy-Cane Marshmallows

Di nuovo inizio il post come il precedente: siamo sopravvissuti.
E che non pensiate a chissa' quali bagordi di Capodanno, o quale party tanto allegro da passare alla storia.
Macche': e' che la notte precedente all'ultima dell'anno e' piovuto.
Ed allora?
Innanzitutto, nel deserto non e' che capiti spesso, anzi a dire il vero a volte non succede per anni interi.
E quando poi alla fine arriva, lo fa con gli interessi, mandando giu' tutta in una volta quella che altrove fara' probabilmente in dieci anni.
Per essere preparati, spiritualmente lo eravamo: ricordate, no, che mi piacciono le previsioni del tempo? Tutti i siti e le applicazioni per telefonino concordavano da oltre una settimana: thunderstorm.
Ma certo non l'avremmo presa cosi' seriamente se non avessimo ricevuto anche un messaggio sms da nientemeno che la locale Protezione Civile, che ci avvisava dell'imminente tempesta e invitava gentilmente a chiudersi in casa!
Ammetto di aver pensato che forse, un pochino, avessero esagerato. E quindi quando prima di andare a dormire il cielo era ancora limpido, ed il gatto insisteva per una passeggiata in giardino non mi sono preoccupata piu' di tanto: se anche fossero venute giu' due gocce c'era sempre il portico sotto cui ripararsi...
Ovviamente ho calcolato male, anzi malissimo: ma me ne sono accorta solo alle quattro di mattina, quando lampi, tuoni, fulmini di cui uno nel giardino del vicino, vento che portava via le sdraio, un mattone ed anche un paio di persiane ci hanno svegliato di soprassalto.
Il gatto!!! Secondo voi se vola una persiana non vola pure lui?
Ammettiamolo, non e' che fossi esattamente vestita da volontario della Protezione Civile quando mi sono precipitata fuori, ma sfido chiunque ad esserlo a quell'ora.
In graziose infradito lilla con 25 cm di acqua in terra, svolazzante camicia da notte di pizzo bianco, e capelli letteralmente in verticale modello Marge Simpson per il vento fortissimo, devo essere sembrata un fantasma alla povera bestia che miagolava da qualche punto indefinito del giardino, o piu' semplicemente che fossi appena fuggita dal manicomio.
Cosa succede in casi simili nei film?
Ma nulla di piu' semplice, arriva un supereroe.
In sole virilissime mutande, per carita', che quelle tutine attillate dei vari Batman e Spiderman non e' che donino piu' di tanto. E due virilissime buste della spazzatura condominiali come stivali, una per gamba. Ed una virilissima busta del supermarket in testa.
Virilissimamente si e' fatto strada nell'acqua a secchiate, e poi nel cespuglio dove la bestia era rintanata.
E mentre la asciugavamo amorevolmente, e gia' reclamava un extra di croccantini per lo scampato pericolo, ecco che finalmente ci siamo osservati a vicenda, e bene.
Stiamo ancora ridendo da allora.
E soprattutto speriamo che non ci abbia visto nessuno...:-)

Lo so che leggerete questa ricetta con scetticismo. Anche mia sorella, da quel di Roma, mi ha sgridato dicendomi " hai fatto quei cosi che sembrano cotone, invece, che so, dei macarons?!?!"
E' che quando sono fatti in casa non sembrano piu' cotone, ma sono molto, molto piu' buoni. Sanno di meringa, per capirci. Ed e' anche un gran divertimento prepararli.
Quasi come vedere il proprio marito in certe condizioni...
Saranno graditissimi nella calza della Befana, insieme all'immancabile carbone, magari incartati ad uno ad uno come caramelle.


CANDY CANE MARSHMALLOWS ( di Martha Stewart)

460 g di zucchero semolato
un cucchiaio di glucosio
24 g di gelatina in fogli
2 albumi grandi
175 g di acqua
estratto di menta, vaniglia, o cio' che preferite
colorante per alimenti, facoltativo
zucchero a velo ed olio di semi, per la teglia

Mettere la gelatina in acqua fredda ad idratarsi, e lasciare da parte.
Versare in un pentolino non troppo largo lo zucchero, l'acqua ed il glucosio. A fiamma media e girando far sciogliere lo zucchero. Appena lo zucchero e' sciolto alzare un po' la fiamma, inserire un termometro da pasticceria e cuocere finche' la temperatura arrivera' a 130 gradi.


Quando state per raggiungere la temperatura, cominciare a montare gli albumi con le fruste elettriche.
Raggiunta la temperatura, togliere il pentolino dal fuoco ed unirvi subito la gelatina ben strizzata.
Girare con un cucchiaio in modo che si sciolga per bene.


Ora, piano piano e con le fruste in funzione a velocita' media, versare il composto di zucchero e gelatina sugli albumi montati.


Appena tutto lo sciroppo sara' versato unire l'aroma scelto, se ne volete usare uno, ed alzare la velocita' della frusta continuando a battere per non meno di 10 minuti. Non battete oltre i 15 minuti, altrimenti il marshmallow comincera' a solidificare e sara' piu' complicato stenderlo.
Alla fine otterrete un composto bianco, ben legato.


Versare subito il composto in teglia quadrata o rettangolare coperta con carta forno spennellata con pochissimo olio di semi e spolverizzata con zucchero a velo ( ne ho usata una 23cm x 23 cm), livellarlo con una spatola un pochino e poi, se volete, fare tante  piccole macchie di colorante sulla superficie con uno stecchino.


Con lo stesso stecchino " trascinare" il colore in modo da avere un effetto marmorizzato sulla superficie.




Far asciugare il tutto a temperatura ambiente per qualche ora, o meglio una notte, dopodiche' tagliarlo a cubi della dimensione preferita con un coltello affilato passato nello zucchero a velo.



NOTE:
- si conservano al riparo dall'umidita' anche due settimane.
- in foto vedete la frusta del Kenwood, ma vengono benissimo anche con le normali fruste elettriche.
- sottolineo e ribadisco che sono immensamente piu' buoni di quelli acquistati...
- i marshmallows fatti in casa possono benissimo essere usati per realizzare il mmf (marshmallow fondant)
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