lunedì 29 novembre 2010

Omelette alla mela verde










Vivere nel deserto ha il suo indubbio fascino.
Ho tramonti sul mare rossi come pochi, e dietro le dune da cui guardarlo.
Il vento caldo che mi accarezza i capelli e la faccia, facendomi sorridere al pensiero che non sara' mai inverno.
Qualche ormai  raro beduino che porta i cammelli al pascolo e che intravedo dallo scuolabus mentre percorro una modernissima strada ad indefinito numero di corsie, e con tanto di semaforo dotato di display che mostra quanti secondi manchino allo scattare del verde.
I profumi delle spezie e delle donne, entrambi forti, decisi ed appassionati, da farti girare per capirne la provenienza.
Il panettiere che ogni volta mi fa un sorriso e mi regala un pezzo in piu' di quel pane dolce appena sfornato che mi piace tanto.
La luna tanto grande da sembrare un melone, che ti inonda di luce e ti costringe a fissarla.
Potrei andare avanti per parecchio. Ma c'e' una cosa che puo' farmi perdere tutto d'un tratto la poesia e l'ispirazione: il collegamento internet che non funziona.
Ogni tanto succede, e per me e' una tragedia: non posso piu' chiacchierare con mia sorella, scrivere e leggere email, prenotarmi i biglietti aerei o controllare che lo stipendio sia arrivato, e nemmeno scoprire quali nuove ricette non possa proprio evitare di preparare al piu' presto.
Che sara' mai, si chiama il tecnico e si fa aggiustare. Una parola.
Il tecnico sta a 400 km di distanza. Certo, ha un numero verde per le emergenze. Ci provo.
Primo tentativo: chiamo, e la solerte voce registrata mi chiede se voglio parlare con un operatore in arabo o in inglese. Pigio il numero due: inglese. La voce che mi risponde in arabo si spertica in uno dei complicati saluti che questa bellissima lingua annovera, che comprende l'augurio che la mia giornata sia ricca e che Allah sia al mio fianco. Non sa quanto mi serva.
Provo a salutarlo in inglese, ed avverto il panico attraverso la cornetta. Ci provo, ed a dire il vero anche lui.
Ma niente, non ci si capisce e chiudo sconsolata.
Richiamo. Pigio sempre il due, e mi risponde un tizio sempre in arabo. Questa volta facciamo prima: appena sente la mia voce, riaggancia. Benissimo. Mi sto arrabbiando e comincio a meditare che dal giorno dopo sopprimo tutte le lezioni di storia e letteratura ed a scuola faremo sempre e solo lingua inglese, per l'eternita'!
Non c'e' due senza tre, e riprovo. Questa volta il giovanotto dall'altra parte capisce abbastanza da potermi comunicare che non sa niente del problema che gli sottopongo, non sa perche' non mi posso connettere ad internet ma soprattutto non ha alcuna voglia di indagare. Risponde che inshallah la mia connessione tornera' a funzionare.
Fatemi capire: devo chiedere una grazia a Dio? Dubito che il Signore vada di casa in casa travestito da tecnico dei computer, mio marito ride ma e' piu' sconsolato di me e preme perche' si vada a tavola, sono quasi le dieci ormai...
Aspetta, provo di nuovo, ultima volta. In una vita precedente devo essere stata un cocciutissimo mulo.
Ed ecco che per farmi rimangiare tutto quello che ho appena pensato, mi risponde un ragazzo, che dalla voce sembra un ragazzino. Parla inglese, lo capisce e soprattutto sa cosa devo fare per far tornare la mia connessione a nuova vita. Si premura anche che sappia dove mettere le mani tra le impostazioni del computer, e si sincera che dopo i cambiamenti apportati tutto funzioni, in diretta live.
Mio marito non crede ai suoi occhi, e smette di colpo di inveire sull'inefficienza dei sauditi.
Ormai ci credo, e non c'e' modo di farmi cambiare idea: Dio fa anche il tecnico dei computer, se serve :-)

Cosa mangiare per premiarmi dopo questa faticata durata un pomeriggio che mi ha lasciato piu' esausta di quando corro 15 Km? Ma uno dei miei piatti preferiti, l'omelette con le mele!
Non storcete il naso, e' buonissima. Si fa in un attimo e tutta la voglia di dolce viene premiata dalle fettine di mela semicaramellate nel cremoso abbraccio delle uova, e dal profumo dello zucchero a velo e della cannella.
Essendo cotta completamente senza grassi, mando questa ricetta ad Elga per il Contest Lagostina :-)



OMELETTE ALLA MELA VERDE ( per una omelette)

due uova intere
mezza mela Granny Smith
un cucchiaio e mezzo di zucchero semolato
poco zucchero a velo
due pizzichi di cannella
un pizzico di sale

Sbucciare la mezza mela e tagliarla a fettine sottili con una mandolina.
Mettere su fuoco medio una padellina di ghisa antiaderente, e versarci lo zucchero semolato e le fettine di mela. Cuocere lentamente per pochi minuti, finche' lo zucchero sara' sciolto e le fettine ben avvolte dallo sciroppo ed ammorbidite.
Battere ora con una forchetta le due uova con il pizzico di sale, e versarle nella stessa padella, sopra le mele.
Far rapprendere la frittatina, dopodiche' metterla sul piatto da portata piegandola a portafoglio.
Spoverizzare con zucchero a velo e cannella, a piacere.
Servire tiepida.

giovedì 25 novembre 2010

Alberello di cioccolato

No, non sto per dirvi cosa vi serve per realizzare questo alberello di cioccolato.
Piuttosto, sto per dirvi cosa non vi serve.
Innanzitutto, procurate di non trovarvi in un luogo dove la temperatura media di questo periodo si aggiri sui 35 gradi: anche se accendete il condizionatore, il cioccolato per qualche misterioso motivo sa che fuori c'e' caldo.
Secondo, ditemi che non state cuocendo delle meringhe nello stesso momento in cui decidete di assemblarlo, e soprattutto che non scegliete il piano di lavoro piu' vicino al forno. Un attimo di disattenzione, o per dirla tutta una telefonata, e l'abete e' diventato un salice piangente. Suggestivo lo stesso, eh, ma magari non per Natale.
Procurate poi che il gatto non si aggiri come suo solito dove state voi, o sara' matematico che il bel pelo arancione presenti verso fine giornata qualche schizzo cioccolatoso. Niente di che, ma acchiapparlo per pulirlo prima che saltasse sul divano ha richiesto un discreto impegno, dato che la lungimirante bestia condivide con la padrona una certa simpatia per piccoli, amorevoli dispetti.
Fate si anche che l'apparecchio telefonico che sta in cucina non sia bianco: rispondere al telefono nel mezzo del lavoro potrebbe renderlo di uno zebrato molto fashion. Finche' vostro marito sbadatamente non risponde e gli rimane il cioccolato in faccia. Non sara' tanto fashion quanto lo era il telefono...
Vostro marito, inoltre, non dovra' aggirarsi nei dintorni, cercando di infilare le dita nel cioccolato che state facendo sciogliere dolcemente, ne' possibilmente mangiare quello rimasto intero per essere sciolto successivamente e temperato.
E non chiedetegli nemmeno di costruirvi al volo un conetto di carta forno, perderebbe un sacco di tempo a chiedervi a cosa serva.
Per carita', non aprite la porta a nessuno.
Chi entra e vi dice continua pure, non preoccuparti! innanzitutto fa innalzare  la temperatura della stanza, dove ormai con due condizionatori accesi io mi sono dovuta infilare tre felpe e mi cola pure il naso, secondo comincera' a fare osservazioni inutili del tipo ma sei sicura che alla fine stia in piedi?
Ovvio che non lo siate, ma vi prego, mentite nel modo piu' spavaldo che potete.
E quando alla fine ce l'avrete fatta, l'ultimo ramo sara' attaccato e metterete in frigo la vostra creatura a farla solidificare per benino, non rispondete a vostro marito che vi chiede astrusita' tipo ma hai calcolato il peso che grava sui rami inferiori? Li hai fatti quindi piu' grossi?
Assolutamente no, e nemmeno mi e' venuto in mente. D'altronde ci sara' un motivo se le mie lezioni sono piene di bellissimi, poetici concetti astratti e non calcoli matematici.
Ed ogni volta che guardate nel frigo, per sincerarvi che l'albero esista ancora, non sbattete troppo forte la porta nel richiuderla, non volete che cada rovinosamente dal ripiano, vero?
Tenendo a bada queste piccole avversita', l'albero in se' sara' alla fine un gioco da ragazzi.
E sara' valsa tutta la pena della mezza polmonite che mi sono presa :-)
L'alberello va all'ultimo appuntamento con il Calendario di Ammodomio.




ALBERELLO DI CIOCCOLATO

cioccolato fondente di buona qualita'
zucchero a velo, per la decorazione

Cominciare temperando il cioccolato, per cui vi rimando al completissimo post del mago del settore, Nanni.
Ammetto che ormai, avendolo fatto molte volte, non uso piu' nemmeno il termometro.
Con il temperaggio il cioccolato manterra' meglio la forma, sara' piu' stabile una volta solidificato di nuovo ed i rami si staccheranno perfettamente dalla carta forno ;-)
Allora, cominciare preparando un piccolo conetto di carta forno e servirsene per creare tante croci di dimensioni diverse, le piu' grandi saranno la base dell'albero, e via andando con dimensioni decrescenti.
Consiglio di fare due/tre croci per ogni dimensione. Le mie croci piu' grandi misurano 12 cm, quelle piccole della cima circa 2cm, poi da 10, da 8, da 6 e cosi' via, ma a voi scegliere le dimensioni che preferite.
Non e' richiesta una particolare precisione, l'abero montato sara' bello lo stesso anche con qualche ramo storto...



Lasciar rapprendere il cioccolato, magari passandolo in frigo se da voi fa caldo come da me.
Quando saranno solidificate, cominciare a montare l'alberello con le prime croci grandi, che vanno sovrapposte una sull'altra in maniera sfalsata usando come colla del cioccolato fuso.
La foto lo spiega meglio di come possa farlo io :-)



Ecco un altro piano incollato:





E come si presenta dopo qualche altro ramo:



A questo punto fermatevi, e mettete l'alberello a solidificare. Anzi se preferite fermatevi ancora prima, sara' piu' semplice poi montare i rami superiori.
Non cercate di assemblarlo tutto in una volta!
Completate con gli ultimi rami e rimettete in frigo.
Prima di utilizzarlo, spolveratelo con poco zucchero a velo per simulare una nevicata.

NOTE:
- messo in una scatola trasparente, e' un delizioso pensierino natalizio.
- e' bellissimo per arricchire un centrotavola, o un tavolo dei dolci.
- personalmente, a Natale li faro' minuscoli, e li usero' come segnaposto.

lunedì 22 novembre 2010

Biscotti di maionese

No, non sono impazzita.
Non ho preso troppo sole senza cappello, ne' troppo caldo in giardino.
Non sono rimbambita dai miei alunni un po' chiassosi, ne' dal mio noiosissimo preside.
Dubito, vista la mia eta', che possiate pensare alla demenza senile, a meno di non essere un raro caso in cui si sia manifestata con incredibile precocita'.
Difficile che possa essere ubriaca, essendo totalmente astemia, e mi sento di escludere di aver fatto volatilizzare i neuroni con uno smodato uso del phon. Qualcuno forse si, ma proprio tutti no.
E' che per una volta, la ricetta della mia amica americana non e' una porcheria come potrebbe sembrare e quello che ha tutti i connotati di  un tentativo di avvelenamento assolutamente non lo e'.
La fonte lascerebbe profondamente a desiderare, se dovessi elencare tutto quello che gentilmente mi ha portato a far assaggiare ed e' poi finito tristemente nella spazzatura perche' si ostina a non seguire ricette, ma ad inventarne di proprie, senza alcuna competenza in merito.
Torte durissime, da non potersi masticare se non a fatica.
Simil crostate che non stavano insieme, come quella passata alla Storia in cui la frolla era cruda, la crema cosi' poco cotta da risultare un liquido giallino ed inquietante e la frutta cosi' malamente tagliata da sembrare gia' masticata.
Un budino che invece che con il cucchiaino dovemmo affrontare in aperto corpo a corpo, ed armati di coltello. Una mousse al cioccolato della quale ancora, ad oggi, non ho capito gli ingredienti ma che era cosi' cattiva, ma cosi' cattiva che mio marito la lascio' laconicamente nella ciotola ed io ne trangugiai due cucchiaini rasi mandandoli giu' come si fa con certi sciroppi per la tosse, senza assaporarli e trattenendo il respiro, solo per far piacere alla cuoca che mi stava davanti ed aspettava, ansiosa e felice, il mio parere.
Credo che il top si sia raggiunto la volta che preparo' un cocktail inventato di sana pianta, che fece star male una intera tavolata. Volete sapere cosa c'era dentro? A vostro rischio e pericolo: gazzosa, vino rosso, vino bianco, succo concentrato di ciliegia, succo concentrato di amarena, succo di frutta al mango, succo di melagrana, chicchi di caffe' ad aromatizzare e frutta varia in sospensione: raccapricciante.
Come lo so? Perche' la signora in questione, a differenza di altre, ha almeno il pregio di condividere senza segreti le ricette dei suoi presunti capolavori!
Poi, improvvisamente e senza nessuna avvisaglia, la svolta, il miracolo, l'impensabile.
Si presenta con dei biscottini di un buono, ma di un buono che non avete idea. Non puo' averli fatti lei, e' ovvio.
Ed invece quello che credo ovvio non lo e', li ha fatti lei seguendo la ricetta di sua madre, e, meraviglia, non devo ne' legarla, ne' implorarla, ne' minacciarla per farmela dare.
Ora si e' iscritta ad una delle cooking classes che tengo, ogni tanto, per le signore straniere che vivono qui.
Non so se essere contenta o aver paura :-)

Questi sono probabilmente i biscotti piu' buoni usciti dalla mia cucina. Lo so che siete perplessi, ma fidatevi.
La maionese non si sente per nulla, e nessuno indovinera' cosa c'e' dentro. Sembrano i biscotti danesi, friabili come pochi, e si sciolgono in bocca come nessuno.
Fateli, fateli, fateli!!!! E non dite cosa c'e' dentro prima che vengano assaggiati: non vi crederebbero.
Non sono aciduli, non sanno di maionese, sono solo...tra i biscotti piu' buoni del mondo.
Non fateli mancare nei sacchettini di Natale, e saranno i primi a finire. Assicurato ;-)


 BISCOTTI DI MAIONESE ( per circa 20 pezzi )

100 g di burro freddo
90 g di maionese fredda (comprata o fatta in casa)
40 g di zucchero semolato
270-290 g di farina, circa
altro zucchero semolato, per la copertura

Tagliare il burro ben freddo in pezzi piccoli, in modo che le fruste con cui lo sbatteremo non facciano troppa fatica. Montarlo quindi con lo zucchero semolato per almeno cinque minuti, fino ad ottenere una crema soffice e chiara.
Unire ora la maionese, girando con una spatola e non piu' con le fruste, amalgamando bene.
Piano piano, cominciare ad unire la farina, lavorando inizialmente con un cucchiaio e poi a mano, via via che l'impasto prende consistenza (oppure con il gancio a K del Kenwood).
A seconda della maionese usata, piu' o meno consistente, cambiera' leggermente il quantitativo di farina da utilizzare: regolatevi, dovrete ottenere un panetto morbido ma non troppo appiccicoso.
Avvolgere l'impasto nella pellicola e farlo riposare 20 minuti in frigo.
Preriscaldare quindi il forno a 190 gradi.
Con le mani formare dei cilindretti da rotolare nello zucchero semolato prima di posarli in teglia su carta forno, oppure modellare delle palline da appiattire con le mani ed incidere semplicemente con una forchetta.
Rotolare anch'esse nello zucchero semolato prima della cottura.



Se l'avete, l'impasto si presta benissimo anche alla sparabiscotti, mentre non ha la consistenza adatta ad essere ritagliato con delle formine, essendo morbidissimo.
Mettere le teglie con i biscotti per 5 minuti in freezer prima di cuocerle: terranno la forma ancora meglio.
Cuocerli per circa 12-13 minuti, controllandone il colore. In genere quando i bordi sono coloriti ed i biscotti leggermente dorati sono pronti.
Tirarli fuori dal forno e non toccarli assolutamente, dato che da caldi sono ancora un po' morbidi e fragili.
Solo una volta freddi prendono la giusta consistenza, ed il sapore e la consistenza per cui sverrete :-)

NOTE:
- si conservano per anche una settimana in scatole di latta, rimanendo friabili come appena fatti. Sono quindi ideali per i pensierini natalizi.

giovedì 18 novembre 2010

Finto coniglio alla cacciatora araba agrodolce in crosta di sfoglia

Ma chi me l'ha fatto fare. Quale insano neurone e' il colpevole.
Ditemelo voi, se e' normale decidere di partecipare all' MT Challenge dimenticandosi allegramente di vivere in Arabia Saudita, dove i conigli non sanno nemmeno cosa siano ed il vino severamente vietato.
Normale, no?
Cominciamo dal problema in apparenza piu' complicato: il vino.
Lo confesso, io totalmente astemia, sono una grande produttrice home made.
Non chiedetemi come, con quali materie prime, quali attrezzi o dovrei passare da ciascuna delle vostre case e zittirvi per sempre.
Sappiate solo che il risultato presenta molteplici varianti non dovute alla mia volonta'. Come tutte le cose che lievitano e fermentano, anche questa e' viva. Non tanto da camminare, ma di far scoppiare un paio di bottiglie si. Non tanto da parlare, ma abbastanza da decidere autonomamente cosa far uscire ogni volta. Quest'ultima e' stata la volta di un vinello rosso frizzante un po' dolce, un Brachetto secondo il sempre ottimistico consorte. E allora che Brachetto sia.
Passiamo al problema coniglio. Che qui non ci siano e' un dato di fatto, ma secondo voi potevo non togliermi la soddisfazione di chiederlo al macellaio, tanto per vedere l'effetto che fa?
Mi avvicino al bancone, e dato che siamo in piena Eid-al-Adhat, festa religiosa in cui e' tradizione uccidere e mangiare un caprone, tutto lo spazio disponibile e' occupato da suddetta bestia, depilatissima e sdraiata a pelle di leopardo. Mi fa una certa impressione, e ancora di piu' all'amica americana che mi accompagna che trasalisce vistosamente causando l'ilarita' del macellaio.
Bene, se ride sara' disponibile.
Comincio a chiedere il coniglio in inglese, ma lo so che il ragazzo arabo lo parla pochissimo. Ma l'arma segreta e' aver controllato come si chiami in arabo il simpatico mammifero, ed ecco che con fare tronfio ed orgoglioso ripeto la frase nella lingua di chi mi sta ascoltando.
Un piffero. Capisce che cerco una bestia a lui sconosciuta, e questo e' quanto.
Avrei un'ultima possibilita', ma proprio ultima. Non avrei mai voluto essere costretta ad usarla.
Arrotolo le labbra, e faccio la faccia da coniglio. Giuro.
La mia amica che ancora si sta riprendendo dalla vista del caprone sanguinolento per poco non sviene dalle risate. Il macellaio contro ogni previsione inorridisce.
Ma effettivamente, in un Paese dove vige una rigida separazione dei sessi e parlare con un uomo che non sia tuo parente stretto e' talmente disdicevole da essere in alcuni casi considerato reato, avere davanti una pazza con la faccia da signorina Silvani che fa le moine a Fantozzi puo' essere un tantino destabilizzante.
Ok, non funziona.
Qui a sorpresa ci si mette la mia amica: mani sulla testa, ad imitare due simpatiche orecchie ritte. Il macellaio non sa piu' che fare, ed immagino che chiamare la sicurezza del supermercato non sia un pensiero poi cosi' recondito.
Ho capito va, acchiappo i petti di pollo e scappo.
Prima che il coniglio venga associato a Playboy, e noi a Hugh Hefner. Per il vino, passi.
Ma vi assicuro che e' l'ultimo posto del mondo dove vorreste che vi scambiassero per una coniglietta :-)

Questo l'antefatto. Ho trovato il pollo, manco un normale pollo con tutte le sue ossa dove dovrebbero essere, ma il solo petto. Tagliarlo a bocconcini e marinarlo con le mie spezie preferite, un attimo. Meno di un attimo, confermare la nota dolciastra del vino con del miele e decidere di cucinarlo in bianco. Ed un nanosecondo per coprire tutto con la sfoglia, facendone un piatto unico.
Che mica dopo tutta 'sta fatica volevate pure che cucinassi qualcos'altro! :-)
La ricetta originale di Ginestra e' qui, di seguito invece la mia variante.

POLLO ALLA CACCIATORA ARABA AGRODOLCE IN CROSTA DI SFOGLIA (per 3 porzioni abbondanti)

mezzo kg di petto di pollo a bocconcini
vino rosso dolce
un chiodo di garofano
due foglie di alloro
un cucchiaio di zathar
un cucchiaino di sumac
un cucchiaio di miele
brodo vegetale
sedano
carota
cipolla
olive, una manciata
capperi, un cucchiaio
sale, poca farina, olio extravergine
pasta sfoglia, o finta sfoglia

Mettere il pollo in un recipiente, unire il chiodo di garofano, l'alloro, lo zathar, il sumac, il miele e tanto vino fino a coprirlo. Mettere in frigo per qualche ora ( io una notte).
Il giorno dopo scolare i bocconcini di pollo dalla marinata, asciugarli, infarinarli e rosolarli in un padella con poco olio. In una pentola capiente fare un soffritto con sedano, carota e poca cipolla ed appena leggermente stufato unirvi i bocconcini di pollo rosolati. Unire quindi il vino usato per la marinata, passato al colino, le olive, i capperi, il sale e poco brodo vegetale.
Far cuocere semicoperto finche' la carne sara' tenera e si sara' formato un bel sughetto.
A circa 20 minuti da fine cottura, trasferire il pollo ed il sughetto in una pirofila. Coprirla con la sfoglia spennellarla con poco latte o tuorlo e mettere in forno caldo per circa 15 minuti, giusto il tempo di far gonfiare la pasta.
Servire caldo.


NOTE:
- inaspettatamente, il marito ha approvato. La nota dolciastra e' molto delicata, e ben contrastata dal profumo delle spezie.
- lo zathar e' una spezia di colore verde molto usata in Medio Oriente. E' formata da un mix di timo, origano. maggiorana, menta ed a seconda di chi lo prepara anche semi di finocchio, o cumino.
- il sumak, dal bellissimo colore viola, altro non e' che semi di melograno essiccati e polverizzati. Ha un vago gusto agrumato.


lunedì 15 novembre 2010

Plumcake al latte condensato

Tutto puo' andare storto la mattina, ma vi prego la luce no.
E non perche' non mi posso fare il te', ed il caffe' al consorte, avendo solo piastre elettriche in cucina.
Non perche' nei bagni del piano di sopra l'autoclave smetta di pompare l'acqua, e sempre nel momento in cui mi sto lavando i denti.
Neanche perche' qui il sole sorge che sono gia' in piedi da un pezzo e quindi per quel pezzo senza luce non vedo un fico secco, ed immancabilmente pesto una zampa al gatto.
Nemmeno perche' non posso accendere il modem e scaricarmi la posta elettronica sull'Iphone, da leggere comodamente mentre vado al lavoro ignorando cosi' le chiacchiere mortali della collega.
 E se vogliamo neanche perche' non posso accendere la lavatrice, o peggio ancora la lavastoviglie dimenticata spenta la sera precedente. Che sara' mai, lavero' un bicchiere e berro' un succo di frutta.
Neanche perche' perdero' le news di Sky in tv, tanto sul delitto di Avetrana so gia' tutto, e molto piu' di quello che avrei voluto sapere.
E non perche' ho i condizionatori spenti. Il caldo non e' piu' cosi' opprimente e probabilmente non mi sciogliero' in un bagno di sudore entro l'ora di uscire di casa, e per l'ennesima volta mi chiedo perche' in un Paese con 350 giorni di sole l'anno nessuno pensi a montare due pannelli solari.
Nemmeno perche' macchio di lucidalabbra la camicia che mi sto infilando, e non posso accendere il ferro per stirarne una dalla pila delle roba lavata che sono giorni che implora pieta'. Se solo non avessi fatto finta di non sentirla.
Nemmeno perche' potrei non sentire il campanello: chi accidenti dovrebbe mai bussare alle 6.30 del mattino.
Neanche perche' smette di funzionare il cordless: se mai dovessero malauguratamente che so, attaccarci con le granate avrei sempre il cellulare per chiamare i soccorsi.
E nemmeno perche' ho il terrore che, se la corrente non dovesse tornare in fretta, dovrei buttare un freezer di roba.
E' molto, molto piu' semplice.
E' solo che non posso usare il phon.
Tutto qui, direte voi. Tutto qui???? rispondo io.
Solo un'altra finta liscia puo' capirmi. Odio andare in giro come un porcospino con il lucidalabbra!
Mi viene in mente un libricino letto tanti anni fa, scovato per caso nella monumentale biblioteca del nonno: Le memorie di Leonard, il parrucchiere personale niente meno che di Maria Antonietta.
Tralascio l'annotazione che i parrucchieri hanno fatto sempre il loro mestiere, che non e' solo quello di acconciare i capelli altrui, ma di diffondere notizie, gossip, voci, fatti altrui anche questi, si intende.
Leonard non si sottrae, ma dico, che accidenti gli sarebbe costato infilarci anche qualche trucco del mestiere? Perche' Leonard il phon non l'aveva di certo, eppure sono sicura che Maria Antonietta non sia mai andata in giro sembrando un porcospino.
L'idea di accendere il barbecue ed arroventare la pinza per la carne non mi sembra cosi' buona.
Allora che faccio? Assolutamente niente.
E mentre ormai rassegnata addento una fetta di questo dolce, dalla parte della glassa of course, mi viene in mente. Che scema a non pensarci. Il pesantissimo e tecnologicissimo cancello elettrico del nostro centro residenziale: senza corrente non si apre nemmeno lui, ed e' talmente pesante da rendere difficoltosissima e quasi impossibile l'apertura manuale.
Ok, l'ho scampata: nessuno dovra' vedermi travestita da porcospino :-)

Di questo cake vi dico solo una cosa: fatelo. A parte la semplicita' disarmante, ha un sapore di buono, di casa, di famiglia che lo rende irresistibile. Approvatissimo anche dal marito, di solito di gusti "cioccolatosi", e da chiunque l'abbia provato. La glassa limonosa poi...
Quello che stupisce e' la durata: non secca nemmeno ad accendergli il phon contro :-)


PLUMCAKE AL LATTE CONDENSATO
(per una teglia da plumcake 24x13cm o rotonda preferibilmente con foro centrale da 22cm)

una lattina di latte condensato zuccherato da 397 grammi
4 uova intere
50 g di burro
120 g di farina
il succo di un limone ( o di un'arancia)
un pizzico di sale
una bustina di lievito per dolci
mezzo cucchiaino scarso di bicarbonato

per la glassa

150 g di zucchero a velo
succo di limone, qualche cucchiaio ( o succo d'arancia)
buccia grattugiata di limone (o arancia)

Fondere il burro e farlo tornare a temperatura ambiente.
In una ciotola mescolare con delle fruste elettriche il latte condensato, il succo di limone, le uova, il pizzico di sale ed il burro fuso. Appena il tutto e' amalgamato unire la farina, setacciata con il lievito ed il bicarbonato.
Frullare con le fruste e versare in uno stampo imburrato o coperto con carta forno.
Cuocere a 160 gradi per circa 40-45 minuti.
Far raffreddare e procedere con la glassa : versare in una ciotola lo zucchero a velo e diluirlo con tanto succo di limone ( o arancia) quanto basta ad avere una glassa morbida, bastano pochi cucchiai.
Versare la glassa sul dolce freddo, facendola colare sui bordi, e cospargerla subito con la buccia grattugiata.
Far asciugare la glassa prima di servire.


NOTE:
- la torta si conserva perfettamente anche 4 giorni.
- tende ad afflosciarsi leggermente al centro dopo la cottura. Per evitare, usate uno stampo da plumcake oppure uno con foro centrale.


giovedì 11 novembre 2010

Perle di pera al formaggio e miele

Si puo' definire semplicemente tappa cio' che ha avuto piu' l'aria di un pellegrinaggio, con tanto di estatiche pause davanti alle vetrine in convenientissimo, decorosissimo e  religioso silenzio?
Eh si, perche' il rivenditore Zwilling all'interno del centro commerciale di cui vi ho parlato meritava l'approccio giusto...
Meno male che c'era mio marito, a riportarmi sulla Terra.
 Il gentile e professionalissimo commesso ha assistito con occhi sbarrati e tendenti al preoccupato allo spettacolo del ragazzone italiano che, dopo aver chiesto educatamente posso prenderli in mano? si e' dato a mosse tra lo yoga e lo sbandieratore. Il tutto vicino a  pile di piatti, porcellane e cocottes che gia' calcolavo quanto avrei dovuto lavorare per ripagarle, nel caso di un fortuito contatto con il samurai di cui sopra, che intanto aveva quindi quasi optato per una mannaia di dimensioni tali che avrebbe facilmente e comodamente squartato un cetaceo.
L'aver viaggiato con solo mini trolley al seguito limita la scelta e mi fa ripiegare su un piu' conveniente, graziosissimo e meno pericoloso scava melone.
Ma che e'???
Uno scavino, amore.
E che scaviamo?
Tutto.
"Tutto" e' la risposta sbagliata, mi rendo conto con un nanosecondo di ritardo. Lo prende in mano, lo guarda con fare interessato, e comincio a sudare freddo.
Mi viene in mente quel paio di pinzette da sopracciglia super-extra-fenomenali, che per avere avevo dovuto corrompere l'estetista, mettermi in ginocchio e giurare che non ne avrei mai avuta un'altra all'infuori di lei.
Solo che un bel giorno smisero di essere super-extra-fenomenali, ed il mio personale CSI Arabia decreto' che erano state usate per qualcosa di piu' grosso di un misero pelo...
Amore, hai per caso usato le mie pinzette?
No.
Sicuro?????
Sorride con aria colpevole. E' finito.
Ah si, ma solo per fare una piccola modifica al fucile subacqueo.
C'e' tutto, arma del delitto, colpevole e confessione spontanea.
Le pinzette non sono recuperabili, e finiscono dal mio bagno alla cassetta degli attrezzi con contorno di discreta incavolatura e minaccia di usarla per estirpare al colpevole ogni singolo pelo ad uno ad uno, provocandogli dantesche sofferenze.
Quindi e' solo per scongiurare scene simili che aggiungo che "tutto" si riferisce esclusivamente al mondo vegetale.
Non sapevo che l'entusiasta samurai avrebbe ridotto a palline tutto il cassetto della verdura, e quello della frutta, ogni volta esclamando certo come taglia questo affare...
Ora ha smesso.
Mi chiedo cosa succedera' quanto capira' le potenzialita' della torcia da pasticceria.

Le fate le prove per le incipientissime feste? Io si, e questo antipasto nasce dalla volonta' di creare qualcosa di leggero, allo stesso tempo sfizioso, che stuzzichi l'appetito senza farlo passare.
L'ispirazione viene da una ricetta vista su Mele e Pere, I grandi libri degli ingredienti, da me cambiata in corso d'opera.
E' buono, si fa in un attimo e fa pure una discreta figura.
Le palline fatele fare ai vostri mariti :-)
E se vi va, date un'occhiata da ale di menuturistico, sta raccogliendo i 1001 libri da leggere prima di morire...quali sono i vostri?


PERLE DI PERA AL FORMAGGIO E MIELE

pere
miele, il vostro preferito
formaggio grattugiato (ho usato ricotta salata, ma va benissimo pecorino, parmigiano, o quello che volete)
poco pepe (facoltativo)

Scavare delle palline dalle pere dopo averle sbucciate. Con un pennellino da pasticceria velarle con uno strato leggero di miele da ogni lato, e passarle nel formaggio grattugiato pressando un poco.
Inserire uno stecchino , oppure se lo avete un piccolo rametto di origano o rosmarino,  e tenere in frigo, ma tirare fuori una ventina di minuti prrima di servire, con una leggera spolverata di pepe.

NOTA:
- le pere vengono, per cosi' dire, impermeabilizzate dal miele. Cio' fa si che non scuriscano tanto in fretta.
Ho testato personalmente che tengono perfettamente anche 4 ore, di piu' non ho provato.





lunedì 8 novembre 2010

Cupcakes al cioccolato ed al caramello salato



A quello che forse era il cinquantesimo, e non sto scherzando, chilometro percorso all'interno del centro commerciale piu' grande del mondo a Dubai, improvvisamente una visione.
In lontananza, molto in lontananza, le mie lenti a contatto scorgono un'inconfondibile scritta bianca su fondo rosso: Galeries Lafayette.
Mio marito e' un po' stanchino, io pure. E come darci torto? Nel corso della stessa giornata abbiamo visitato l'acquario piu' grande del mondo, la torre piu' alta del mondo, ed ora siamo in questo centro commerciale che sembra non finire mai.
Gia' pensavo di farla finita mentre cercavamo la libreria. Piu' grande del mondo, of course.
Dopo averla trovata per puro miracolo, perche' per una mia personalissima teoria certe volte se le cose sono troppo grandi nemmeno si vedono , avevo perso le speranze di trovarvi all'interno una sezione di cucina. Ed invece c'era, eccome se c'era, dopo la sezione Diet e prima di  Sport & Fitness.
 Da perderci la testa, e minimo un'ora.
Mio marito non regge, si accascia su una panca, ma non prima di aver sussurrato un guarda, la' c'e' tutta Nigella che per poco non mi strappava una lacrima di commozione.
Nigella che poi in realta' viene snobbata per un bellissimo libro di Martha Stewarth, Cupcakes.
Non ho ceduto a mio marito che insisteva che prendessi subito anche Cookies, The Perfect Baker, Nobu cooks e cosi' via: credo che le lusinghe avessero come unico scopo quello di scongiurare un ritorno da eventuale ripensamento...
All'arrivo, mezz'ora dopo, alle Galeries Lafayette il libro e' gia' stato bello che sfogliato, ed un paio di interessanti cupcakes scelti come top priority al ritorno a casa. E dove trovare gli ingredienti speciali, se non nella ricca sezione Gourmet?
Attiro mio marito dentro con una mossa di infimo livello.
 Amore guarda, hanno un oyster bar dove ci si puo' sedere, forse hai un calo di zuccheri... Ma non ci casca, lo sa benissimo che voglio spulciare barattoli, scatole, bottiglie, annusare formaggi e cioccolato...
Cerchi qualcosa in particolare?
Si, amore, il sale.
Espressione indescrivibile, ma come, tutta sta fatica per del sale???
No, amore, ma non e' sale normale, e' fleur de sel.
Ah. Ma sempre sale e', no?
Non posso dargli torto, ma cerco di spiegargli che nessuna foodblogger puo' resistere al richiamo di un grazioso sacchettino di fleur de sel, con tanto di fiocco...
Piu' difficile e' stato spiegare che mi serviva per un dolce. E dato che mi veniva da ridere, nemmeno mi ha preso sul serio.
Ed alla sera in hotel, guardando i nostri piedi diventati anch'essi i piu' grandi del mondo, provo a sdrammatizzare.
Dai, amore, e' stato un po' concentrato ma bello, no?
Si. Un'esperienza pre-morte.
Non credetegli, erano parole dettate dall'allucinante piano di girare lo shopping mall a tempo di record. Ora, a distanza di un mesetto,  non solo ci vuole tornare, ma ha deciso che il dolcino con il sale e' il piu' buono che abbia mai fatto ;-)

Vi piace il caramello salato? E' il dolce per voi. Non lo avete mai assaggiato? E' il dolce per cominciare.
Non crederete ai vostri occhi, pardon, alla vostra lingua. Se esiste un pasticcino perfetto e' questo: morbida base e copertura, un trionfo di cioccolato. Il cuore, una goccia di caramello salato che vi fara' impazzire.
O decidere di tornare tra gli umani, se siete reduci da un'esperienza pre-morte ;-)

CUPCAKES AL CIOCCOLATO E CARAMELLO SALATO (da Cupcakes, Martha Stewart)

per i cupcakes (per circa 22, in stampi da mini-muffins con base da 4 cm)

90 g di farina
65 g di cacao amaro
110 g di zucchero
mezzo cucchiaino di lievito per dolci
mezzo cucchiaino di bicarbonato
un pizzico di sale
un uovo intero
90 ml di buttermilk, comprato o fatto da voi
un cucchiaio e mezzo di olio di semi
qualche goccia di estratto di vaniglia
90 ml di acqua calda, ma non bollente

per il caramello salato

275 g di zucchero semolato
70 ml di acqua
un cucchiaio scarso di glucosio liquido
90 ml di panna liquida da montare
un cucchiaino di sale, possibilmente fior di sale

per il frosting al cioccolato

15 g di cacao amaro in polvere
40 ml di acqua bollente
160 g di burro
35 g di zucchero a velo
un pizzico di sale
225 g di cioccolato fondente

Cominciare dai cupcakes: mischiare in una ciotola farina, cacao, zucchero, bicarbonato, lievito e sale. In un'altra ciotola mischiare uovo, olio, vaniglia. buttermilk e acqua. Unire i due composti e battere con una frusta a mano, finche' il tutto sara' amalgamato.
Versare il composto in stampi da mini muffins rivestiti con pirottini, arrivando a riempirli fino a circa 3/4 abbondanti e cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 15 minuti.
Il tempo e' indicativo, fate la prova stecchino ma non stracuoceteli.
Tirare fuori dal forno e far raffreddare completamente.
I cupcakes cotti e non farciti possono essere congelati.
Preparare il caramello salato: versare in un pentolino zucchero, acqua e glucosio su fuoco alto. Girare di tanto in tanto per far sciogliere lo zucchero, dopodiche' smettere di girare, abbassare un po' il fuoco e cuocere finche'un termometro inserito raggiunge i 181 gradi.
Rimuovere dal fuoco e con attenzione aggiungere la panna ed il sale, girando con un cucchiaio di legno finche' il tutto sara' ben amalgamato. Usare immediatamente. Se dovesse cominciare ad indurire troppo, rimetterlo su fuoco basso per pochi secondi.
Ora prendere i cupcakes, incidere una cavita' all'interno e riempirla con il caramello salato


Ora preparare la copertura: mischiare il cacao con l'acqua bollente, finche' sara' ben sciolto.Far sciogliere il cioccolato fondente,e far raffreddare.
Con una frusta, o nel Kenwood, battere il burro con lo zucchero a velo ed il sale finche' il composto sara' ben montato e chiaro. Unire il cioccolato fondente fuso ma freddo e battere ancora con le fruste. Aggiungere il composto di cacaro e battere ancora.
Se fosse troppo morbido mettere in frigo 10 minuti prima di utilizzare, dopodiche' usarlo per creare la copertura sui cupcakes, usando una tasca da pasticceria o anche solo un cucchiaino.
 Decorare con altro fleur de sel.
Tenerli in frigo, ma tirarli fuori 20 minuti prima di servirli.



NOTE:

- i cupcakes non farciti si possono surgelare.
- il frosting al cioccolato si puo' conservare una settimana in frigo. Tirarlo fuori mezz'ora prima di utilizzarlo e batterlo nuovamente con le fruste a bassa velocita'.

giovedì 4 novembre 2010

Ravioli di pere e pecorino di Pienza

Nooooo, e questo dov'era?
Secondo voi dove poteva mai stare un pezzo di pecorino di Pienza arrivato sottovuoto in quel del deserto?
Amore, era in frigo. Mica e' colpa mia se fino ad oggi non l'hai visto.
Non e' vero. Bugia.
Ce l'ho messo apposta in quel ripiano dove fanno bella mostra di se' tutta una serie di farine, esattamente dietro a quella di ceci e quella di castagne, apposta perche' non lo vedesse e facesse fuori a tempo di record.
Ce l'ho messo apposta perche' volevo farlo arrivare dentro un raviolo, e volevo far scoprire a quello scettico alimentare che ho sposato che ci sara' un motivo se esiste persino un detto che recita al contadin non far sapere quanto e' buono il formaggio con le pere...
Eresia pura, per l'uomo per cui mangiare pecorino con marmellate e delicate mostarde sarebbe da considerare un crimine penalmente perseguibile.
Ma non mi sono data per vinta, ed in un pomeriggio assolato dei nostri fine settimana, ho tirato la sfoglia ed imperturbabile ho saltato le pere con la cipolla. Mugugni di disapprovazione, sento odore di cipolla.
Ma va'!?!?!
Parte del pecorino e' finito in cubetti minuscoli, resistendo ad attacchi dello scettico per cui i due etti dello spicchio erano una merenda perfetta...
Assemblato il tutto, lo scettico ruba un raviolo crudo. E' un po' dolcino...
Sono imperturbabile, tanto lo sapevo. Al limite me ne faro' fuori io doppia porzione, ed amen.
Metto l'acqua a bollire, e sono le 3.30 del pomeriggio. No, non pranziamo tardi ne' ceniamo presto, ma esigenze di luce richiedono che fotografi il piatto al massimo per le 4.
Dopo, merenda ricca mi ci ficco :-)
Monto il cavalletto, scatto, ed assaggio. Sono divini, modestamente i ravioli piu' buoni che abbia mai fatto.
Amore, vuoi assaggiare?
Tanto lo so, che dovro' reimpastare gli avanzi di sfoglia, scongelare due spinaci e riempire qualche altro raviolo in modo piu' ortodosso. Ma chi me l'ha fatto fare!
Silenzio dall'altra parte. Ne ha appena messo in bocca un altro. Non oso chiedere.
Amore, pere e pecorino e' un classico, un must, non puo' non piacere. E su, il gusto puo' essere educato, elevato...Mi sto leggerissimamente arrampicando sugli specchi. Mi ricorda tanto certe interrogazioni al liceo in cui finivo sempre a parlare di cosa volevo io, e non di cosa mi avesse chiesto la professoressa.
Allora, per cena li vuoi cosi' o con gli spinaci?
Ancora silenzio,e poi : cosi'.
Miracolo. Non ci credo. Allora gli sono proprio piaciuti.
Amore sicuro, allora?
Si. Mi voglio elevare.
Secondo voi era un complimento al piatto? :-)

Credetemi, sono veramente buonissimi. Un connubio speciale, perfetto, ma usate proprio il pecorino di Pienza che con il suo gusto particolare connota il piatto di vera ed acutissima personalita'.
Li vedo perfetti anche sulla tavola della Vigilia, per un primo non scontato ma di sicuro successo.
A meno che non abbiate mio marito tra gli invitati ;-)


RAVIOLI DI PERE CON PECORINO DI PIENZA ( per 2 persone)
150g di farina
50 g di semola rimacinata
2 uova intere
un cucchiaino d'olio extravergine
un pizzico di sale

per il ripieno

una grossa pera
qualche fetta di pecorino di Pienza
mezza cipolla bianca
sale, pepe
olio extravergine
burro , gherigli di noce e della salvia, per condire

Preparare la pasta impastando le farine con le uova, il sale, l'olio e le uova intere. Solo se le uova fossero particolarmente piccole aggiungere un cucchiaino di acqua, ma non dovrebbe essere necessario.
Lavorare bene, dopodiche' avvolgere l'impasto ottenuto in pellicola trasparente e far riposare una mezz'ora al fresco.
Preparare intanto il ripieno, tagliando la pera a cubetti molto, molto piccoli. Tritare finissimamente la cipolla, farla stufare in poco olio etravergine e saltare i cubetti di pera finche' saranno coloriti, solo qualche minuto.
Salare, pepare e far raffreddare completamente.
Intanto tagliare il pecorino a cubetti della stessa dimensione di quelli di pera.
Unire i cubetti di pecorino a quelli di pera, senza scartare la cipolla. Assaggiare e valutare se la proporzione pecorino/pera e' di proprio gusto ( nei miei: molta pera, in quelli del marito : molto pecorino, per intenderci...)
Aggiustare anche di sale e pepe.
Con l'Imperia stendere la pasta  ( io allo spessore 6) e confezionare i ravioli mettendo in ciascuno un cucchiaio circa di ripieno. Chiuderli bene e lessarli in acqua bollente salata.
Condirli con burro fuso con della salvia fresca ( voi che potete! qui in Arabia e' vietata perche' considerata velenosa mi tocca portarmi quella secca, ma non c'e' paragone) e dei gherigli di noce spezzettati in modo grossolano.



lunedì 1 novembre 2010

Ossa da mordere alle mandorle


Libia, pochi anni fa.
Novembre piovosissimo e tanto per confermare come verita' la legge di Murphy anche inusitatamente freddo. Dentro casa mia c'erano, non scherzo, 13 gradi, e vivevo con un piumone da letto matrimoniale rigirato addosso  fingendo di indossare una elegantissima toga da senatore romano.
I vicini, quelli dei fichi per intenderci, mi invitano un pomeriggio per un te' e due chiacchiere (nel vero senso di due parole, dato che non parlavano arabo ma solo il loro dialetto, e l'inglese era riservato ad uno solo dei membri della famiglia) ed il pensiero che possiedono un camino ed una pompa di calore e' sufficiente a farmi accettare la pena di un discorso in cui nessuno capira' un accidente.
Arrivo, e sorpresa: la gia' numerosa famiglia si e' arricchita della nonna, posizionata in un letto tipo barella ospedaliera con tanto di ruote, in modo da poter essere mossa agevolmente dato che non puo' camminare.
L'anziana signora sara' pure paralitica, ma comanda e strilla a piu' non posso.
Seconda sorpresa: nessuno la sta ad ascoltare. Insomma, una anziana malata che chiede incessantemente qualcosa che mi par di capire sia un bicchiere d'acqua non susciterebbe la pieta' di chiunque?
Nel frattempo, il nipotino di circa quattro anni si diverte a correre verso la barella, tirare un pugno alla nonna e scappare, suscitando con mia grande stupore l'ilarita' generale: evidentemente e' considerata prova da grande macho infastidire una malata inerme.
La malata inerme pero' si prende improvvisamente i suoi cinque minuti di celebrita': con un rapido movimento teso a schivare l'ennesimo pugno, che per carita' non avra' fatto male ma dato fastidio si, cade dalla barella davanti a noi, tutti invece seduti in terra.
Vi giuro, non e' per cattiveria che in certe situazioni mi venga da ridere, ma ridere tanto.
Questa e' una di quelle e solo per miracolo mi trattengo bene,  ma cosi' bene che mi escono le lacrime.
Vedi tu che faccio pure bella figura suscitando involontariamente il pensiero di essermi dispiaciuta per la nonna...
Gli strilli sono ora ai massimi, e soprattutto strillano tutti: la nonna, il bimbo, tutti le figlie e le nipoti. Eh si, tutte donne in questa stanza, gli uomini stanno in un'altra.
Purtroppo e'evidentemente  molto sconveniente andare a chiamarne uno per aiutare a tirare su la signora, che ad occhio pesa un'ottantina di chili, e dev'essere molto sconveniente anche venire ad accertarsi che non ci sia scappato il morto, dato che nessuno dei signori dell'altra stanza si degna di apparire.
Dai, ditelo voi. Chi aiuta a tirare su la signora urlante? Ma la sottoscritta, of course.
Cosi' imparo a ridere, mannaggia a me, e sembrare di essere in lacrime.
E mentre la tiro su, aiutata dall'unica figlia che parla inglese, questa se ne esce con una frase a voce alta: speriamo che muoia presto, cosi' stara' meglio. Ed anche noi.
Non fraintendetemi, ma glielo ho augurato anche io: la prospettiva di qualche anno ancora con cotante figlie, e soprattutto cotanto nipote, mi e' sembrata un augurio di gran lunga peggiore...

Dolcino dal nome inquietante, oggi, ma perdonatemi la facile battuta: buono da morire :-)
Semplicissimo, si conserva a lungo e fara' bella figura anche nei sacchettini dei doni natalizi. Non prevedendo ne' farina ne' uova o latticini sara' gradito anche a chi ha allergie o intolleranze ai suddetti alimenti.
La ricetta e' di Luca Montersino, e finisce dritta dritta alla raccolta di Ginestra.

OSSA DA MORDERE ALLE MANDORLE ( per circa 65 pezzi)

360 g di mandorle
360 g di zucchero a velo
54 g di albumi (circa uno e mezzo)
20 g di pasta di limone

per la pasta di limone ( sostituibile con estratto di limone di ottima qualita')

60 g di limoni interi ma senza semi e buccia
30 g di buccia non trattata
50 g di glucosio liquido
80 g di zucchero a velo
100 g di zucchero fondente (comprato o fatto da voi )

Iniziare dalla pasta di limone: con questa dose ne viene parecchia ma puo' essere conservata in frigo anche 20 giorni ed usata per aromatizzare altre preparazioni. Unica nota, lo zucchero fondente richiesto non e' la pasta di zucchero che si usa per decorare i dolci! Ho messo il link della ricetta che uso io, ma su internet ne trovate molte, anche con l'uso del termometro che facilita parecchio.
Mettere nel mixer tutti gli ingredienti e frullare ad alta velocita'. Si dovra' ottenere una pasta molto profumata.
Per le ossa, mettere in una ciotola ( o nell'impastatrice con il gancio a K) le mandorle intere con tutto lo zucchero a velo e la pasta di limone. Girare ed aggiungere l'albume a poco a poco, in modo da ottenere un impasto consistente.
Mettere quindi il composto su un foglio di carta forno spolverizzato con zucchero a velo ed appiattirlo usando il mattarello fino all'altezza di una mandorla. Spolverizzare di nuovo la superficie con altro zucchero a velo, e con un coltello affilato tagliare tanti cubetti, che verranno messi su carta forno.




Farli asciugare una notte a temperatura ambiente, quindi infornarli a 160 gradi per 10 minuti.
Far raffreddare completamente prima di gustarli o di chiuderli nelle scatole di latta.



NOTE:
- ho testato che si conservano perfettamente anche 10 giorni, purche' conservati al riparo dall'umidita'.

- se non volete preparare la pasta di limone, sostituitela con dell'ottima essenza o della buccia grattugiata. I dolcetti non saranno pero' altrettanto profumati.







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