giovedì 26 aprile 2012

Burgers di pollo e ceci

Il recupero e' iniziato.
E non parlo solo di riemergere dal letto in cui siamo affondati per oltre una settimana.
E' che il riso in bianco e le patate lesse cominciano a stufare, e parecchio.
Ieri sognavo un macaron, ma non avrei la forza di prepararmeli, ancora.
Ha vinto il desiderio di carne del marito, che se ne ho voglia si vede che ne ho bisogno.
Una bistecca sulla griglia ce la posso fare.
D'altronde aver perso quasi cinque chili a testa nella scorsa settimana ci ha reso due scheletri che quasi ci facciamo paura a vicenda...
E dovremmo farla a tutti.
Ma l'idiota del giorno e' sempre in agguato.
Ci fate caso che ce n'e' sempre uno pronto, per ogni situazione.
Fanno i turni, in modo che non si rimanga mai senza.
Sono passata a vedere come state. Mamma come sei magra!
Lo so.
La mia interlocutrice frequenta, con scarsi risultati, alcuni dei miei corsi in palestra.
Anche se e' ancora difficile farle capire che sullo step ci deve saltare, non sedercisi sopra mentre io salto per lei.
E questa settimana non hai fatto nemmeno palestra!
Infatti mi sono data agli ospedali, tanto per cambiare aria.
Mi dici come hai fatto?
Un momento bellissimo, quello in cui si sente una perla simile.
Sento i neuroni rianimarsi dalla gioia di cercare una risposta adeguata.
Ma ne sfornano troppe tutte insieme.
In circa la meta' c'e' una parolaccia.
In qualche altra una profonda commiserazione del suo stato di ignoranza.
In altre ancora c'e' una sonora risata.
E concedetemelo, in una c'e' il calcio nel sedere che vorrei tanto darle e mai potro'.
Sorrido.
Facilissimo, bisogna che ti ammali pure tu.
Ma per bene, sia chiaro: che la febbre non vada sotto 39 per almeno cinque giorni, che la bronchite ti devasti il respiro. Che ti cambino antibiotici due volte, quando i primi non funzioneranno.
Che tu non possa ingurgitare nulla, nemmeno acqua, per farti provare l'ebbrezza dei crampi da disidratazione.
E che tu possa fare l'esperienza dell'ospedale locale, dove ho osato stare per svenire nell'area che non era riservata alle donne...
Mi guarda fisso.
Se avessi svelato il terzo segreto di Fatima sarebbe rimasta meno colpita.
Ma secondo te sei ancora contagiosa?
Beh, a questo punto spero di si.
Ma il mio sense of humor perde colpi, evidentemente ;-)


Ancora grazie infinite per il numero incalcolabile di email e messaggi che mi mandate. Stiamo molto meglio e la cucina di casa arabafelice, seppur non a pieno regime, riapre timidamente le porte.
Anche se come in questo caso solo per scongelare dei burgers preparati in precedenza, idem i panini.
Provateli, sono buoni e sani. Anche se non siete convalescenti ;-)




BURGERS DI POLLO E CECI

400 g circa di pollo tritato ben fine ( ma non frullato!)
150 g di ceci cotti
mezza cipolla bianca
un albume
qualche cucchiaiata di pangrattato
sale, pepe
spezie a piacere ( il cumino ci sta bene)
prezzemolo tritato

Scaldare un paio di cucchiai d'olio extravergine in padella, e rosolare la cipolla affettata sottilmente.
Tritare i ceci molto finemente ma possibilmente non frullarli.
Appena la cipolla è ben colorita scolarla dall'olio e versarla in una ciotola insieme alla carne ed il resto degli ingredienti.
Stringere bene il composto tra le mani come si fa per le polpette e formare i burgers della dimensione desiderata.
Ungerli con poco olio e passarli nel pangrattato.
Cuocerli a 190 gradi in forno preriscaldato per una ventina di minuti, oppure in padella.

NOTE:

- i burgers crudi possono essere surgelati. Scongelarli in frigo e procedere alla cottura.

- altre idee? con noci e lenticchie, con il salmone, con il tonno, con i gamberi...

lunedì 23 aprile 2012

Torta di mais e mandorle al limone, senza farina

Ci fate caso, che e' sempre per quello che si e' mangiato?
Non se ne esce.
Siamo ancora malati, anzi malatissimi.
Lo spirito non demorde, ma vacilla.
Ogni tanto si vorrebbe una pausa, giusto cinque minuti di noia per provarne l'ebbrezza.
Tanti amici a supporto, e nessuno e' un medico.
Ma ciascuno con una teoria.
E l'antidoto.
Ti sei ammalata perche' non mangi abbastanza.
Ah, pero'. E chissa' cosa sia capitato allora a lei che ora ha gli stessi sintomi e, diciamolo chiaro, pesera' si e no cinquanta chili piu' di me.
Ti sei ammalata perche' vai in palestra.
Certo. Sudo. Prendo freddo. E forse muoio.
Ti sei ammalata perche' bevi troppo.
Le proprieta' malefiche dell'acqua mi sfuggono.
E lascero' che continuino a farlo.
Teorie su mio marito invece non ce ne sono, pare che gli uomini possano ammalarsi con maggiore liberta', con annesso diritto inalienabile a sentirsi e comportarsi come pecore morte.
Che poi credetemi, questa volta la botta e' stata talmente forte che altro che pecore.
Un gregge, siamo.
Chi ci porta beveroni miracolosi, chi minestre calde.
Chi ha fatto il pane e ce lo ha regalato.
Caldo.
E pure bruciato, che tanto quando stai male i sapori non li senti e ti sembrera' buonissimo! ( ho riportato la frase esattamente come mi e' stata detta)
Chi consiglia il digiuno, chi di mangiare bistecche.
A noi non va niente di niente, a dirla tutta.
Ma fa bene al cuore vedere un po' di supporto, che sia un messaggio sul cellulare o il tocco gentile sul campanello.
Pure l'Aspirina da uno Stato nelle vicinanze, ci hanno spedito...
Solo due fatti rimangono inspiegabili.
Il primo, quale astruso ragionamento abbia portato a regalarci dei cioccolatini.
Detta cosi' so che sembra non ci sia nulla di male.
Ma appenderli alla maniglia della mia porta in pieno sole non mi e' parsa una furbata. Specie lasciarceli mezza giornata.
Il secondo, lei, la mitica signora della carta igienica.
Che vi porto?
La ringrazio, la buona intenzione c'e'.
Ma solo l'idea che possa prepararci una vitaminica macedonia mi fa sudare freddo.
Ma dai, una cosa fresca.
Non so che dire di fronte a tanta gentilezza.
Solo che la cosa fresca e' pate' di fegatini.
E' buonissimo, ce l'ho surgelato da Natale!
C'e' un limite a tutto.
La spazzatura di casa arabafelice sta per arricchirsi di freschezza:-)


Grazie a tutti, dei messaggi, delle mail, dei commenti. Non stiamo ancora bene anche se un segno di ripresa c'e'.
La cucina e' chiusa, gli stomaci pure e il blog vive del suo archivio.
Questa torta e' secondo me la piu' buona presente su queste pagine: fatela al volo.
Un'altra torta al limone? Ebbene si.
Sa di sole, di rustico, di limone e zucchero, e di certe vacanze in Grecia.
Con la speranza che torni il bel tempo anche sulle nostre teste febbricitanti.





LEMON POLENTA CAKE
da Kitchen di Nigella Lawson
per una teglia da circa 24cm

200 g di burro ammorbidito ma non sciolto
200 g di zucchero semolato
200 di mandorle polverizzate, oppure farina di mandorle già pronta
100 g di farina di mais fine tipo Fioretto
un cucchiaino e mezzo di lievito per dolci
3 uova
buccia grattugiata di due limoni

per lo sciroppo

il succo di due limoni
125 g di zucchero a velo

Battere il burro con lo zucchero semolato finche' bianco e montato.
In una ciotola mischiare le mandorle, il Fioretto, il lievito, e versare parte del mix sul composto di burro.
Girare e continuare ad unire gli elementi secchi alternando con le uova, ed infine versare nell'impasto la buccia grattugiata.
Versare il composto in una teglia unta e possibilmente coperta con carta forno ( l'impasto e' piuttosto denso, lievellatelo un po') e cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 40 minuti ( quasi 50 nel mio forno).




In un pentolino unire gli ingredienti dello sciroppo, e mettere sul fuoco. Appena lo zucchero a velo e' sciolto e il composto ben caldo e' pronto.
Tirare la torta fuori dal forno, ed immediatamente bucherellarla con uno stecchino.
Versarvi pian piano tutto lo sciroppo bollente sopra, e farla riposare finche' si raffredda.
Solo allora toglierla dalla teglia.

NOTE:

- lo sciroppo fa la differenza in questo dolce, senza non e' cosi' buono.

- la torta avvolta nella pellicola dura tre o quattro giorni a temperatura ambiente.

- la torta cotta puo' essere surgelata.

- in caso tritiate da voi le mandorle non tostatele in precedenza.


giovedì 19 aprile 2012

Torta di riso al cioccolato




Avere la febbre a quaranta e' un tantino debilitante.
Ma se contemporaneamente ce l'ha pure vostro marito, e' la fine.
Quindi di tutto quello che ci sta capitando leggerete presto, compreso dell'ospedale dove le donne possono essere visitate solo vestite, dell'Aspirina vietata perche' pare ci si ricavi una droga, del medico che come prescrizione vedendovi tremanti e bianchi come una straccio vi consiglia di spegnere l'aria condizionata in casa.
Per ora devo ributtarmi sul mio letto ( matrimoniale) di dolore.
E con una certa rapidita' :-)

Dolce in archivio da parecchio, semplice e buono per colazione e merenda.
In questo momento che l'appetito e' sotto le scarpe ringrazierei chi volesse mandarmene una fettina...



TORTA DI RISO AL CIOCCOLATO
per una teglia di circa 22/24 cm di diametro

200 g di riso
250 ml di latte
100 g di zucchero
150 g di gocce di cioccolato fondente, oppure cioccolato a pezzetti
100 g di burro
2 uova intere
2 cucchiai di amido di mais
scorza d'arancio grattugiata, facoltativo


Mettere dell'acqua in un pentolino sul fuoco.
Raggiunto il bollore versarvi il riso e cuocerlo per cinque minuti.
Scolarlo, quindi versarlo in un altro pentolino con il latte e circa 250 ml di acqua.
Rimettere sul fuoco e portare a cottura: il riso dovra' essere molto morbido, non al dente.
Togliere dal fuoco e aggiungere il burro, lo zucchero e la scorza, se si decide di usarla.
Lasciare raffreddare completamente ( se volete un effetto maculato, invece se la volete nera come in foto basterà unire il cioccolato all'impasto ancora caldo), quindi unire i tuorli e le gocce di cioccolato, e per ultimo l'amido di mais.
Montare i due albumi a neve e unirli all'impasto.
Versare in una teglia imburrata o coperta con carta forno e cuocere in forno preriscaldato a 170 gradi per circa 20-30 minuti.
Servire con zucchero a velo.

NOTE:

- il dolce e' ottimo anche il giorno dopo ma conservarlo avvolto nella pellicola.





lunedì 16 aprile 2012

Torta al lemon curd di soli albumi, sotto e sopra


Compleanno, di nuovo.
Tutti diversi da quando riesco a ricordarli.
Quelli in famiglia con pochissime candeline, ed una sorella di meno.
Quelli sempre in famiglia, con qualche candeline in più e una sorella che voleva spegnerle al posto mio.
Quelli con gli amichetti, la pizza e l'aranciata.
Quelli con gli amici, sempre la pizza, l'aranciata e un po' di puzza di sigaretta.
I diciott'anni in quel ristorante romano e i tacchi alti che indossai per la prima volta in vita mia.
A pensarci non ce n'è stato uno uguale ad un altro.
Qualcuno più esaltante, altri un po' in sordina.
Sono arrivati quelli al telefono, altri su Skype e quelli  in compagnia di persone che mai mi sarei sognata di incontrare.
Mi avranno detto buon compleanno in, non scherzo, si e no quindici lingue diverse.
E sto arrotondando per difetto.
Fino a quest'ultimo.
Ora, se c'è un desiderio che mai credevo di vedere realizzato era che qualcuno della mia famiglia atterrasse da queste parti.
Ma si vede che a forza di sentirsi chiamati anche i sogni ogni tanto rispondono.
E rispondono si.
Mia sorella e mio cognato sono apparsi tra le dune proprio il giorno del mio compleanno.
Beh, giorno proprio non era.
Ma nel bel mezzo della notte, che raggiungere casa arabafelice prende un certo tempo, due/tre mezzi di trasporto ovviamente tutti diversi e una discreta dose di pazienza.
Per non parlare degli imprevisti che da queste parti sono la normalità e non l'eccezione.
Ebbene, ogni tanto riesce pure a girare tutto nel senso giusto.
Un aereo che atterra con mezz'ora di anticipo, e i bagagli che appaiono dal nastro trasportatore senza problemi.
La dogana ed il controllo passaporti in cui di solito bisogna raccomandarsi a tutti i santi del Paradiso per non capitare con il poliziotto più severo: una passeggiata.
Vederli apparire nel vialetto mi ha fatto pensare che la legge di Murphy ha delle piacevoli eccezioni, per fortuna...
La torta me la sono curata tutto il pomeriggio, dopo averne vagliate per mesi.
E non importa che fossero le due del mattino: ho spento le candeline con tanto di coro, ho aperto i regali e si, ce la siamo pure mangiata.
Chissà se avrò più un compleanno cosi' bello.
Ma intanto, tanti auguri a me :-)


Non vi stupirà vedere qui sopra una torta al limone, data la predilezione per l'agrume mai celata su questo blog.
La base è di una bontà che dovete provare assolutamente: ottima per riciclare gli albumi e non fare le solite meringhe, morbida e leggera, buonissima anche da sola.
Il seven-minute frosting una sorpresa: una meringa cotta, in pratica, che non smonta per tutta una giornata ed è bellissima da vedere oltre che ottima da mangiare.
Perfetto per ricoprire in modo artistico qualunque torta, muffin o cupcake.





TORTA AL LEMON CURD CON SOLI ALBUMI
da Living di Martha Stewart
per una teglia da 24 cm

210 g di farina
un cucchiaino di lievito per dolci
mezzo cucchiaino di sale
170 g di burro morbido ma non sciolto
estratto di vaniglia
210 g di zucchero
4 albumi
125 ml di latte

per il seven-minute frosting

3 albumi
150 g di zucchero
85 ml di acqua
un cucchiaio di glucosio

una dose come questa di lemon curd, per la farcitura 


Battere nella planetaria con frusta a K oppure con normali fruste elettriche il burro morbido con 190 g di zucchero finchè bianco e ben montato, non meno di cinque minuti.
A parte mescolare farina, lievito e sale.
Ora unire la vaniglia al burro e un terzo circa del composto di farina, alternando con il latte.
Continuare alternando farina e latte fino ad esaurirli, mescolando con una spatola.
Montare gli albumi con i restanti 20 g di zucchero finchè ben gonfi e unirne qualche cucchiaiata al composto per ammorbidirlo.
Unire infine tutti gli albumi mescolando delicatamente dall'alto in basso.
Versare in una tortiera imburrata o coperta con carta forno e cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 35 minuti. Nel mio forno sono però serviti 45 minuti.




Sfornare la torta verificandone la cottura con la prova stecchino, quindi farla raffreddare completamente prima di tagliarla a metà ( ho l'attrezzo comodissimo che vedete in foto ma un coltello a lama lunga fa lo stesso lavoro perfettamente)
Farcirla con il lemon curd che va preparato un giorno in anticipo.



Ricomporre la torta e preparare il seven-minute frosting: mettere 130 g di zucchero, il glucosio e l'acqua in un pentolino non troppo grande. Mescolare e portare a bollore su fuoco medio.
Ora smettere di mescolare e continuare a cuocere su fuoco medio finchè il composto non raggiunge 110 gradi su un termometro da pasticceria ( ci vogliono almeno 10 minuti)
Quando sul termometro vedete che la temperatura è quasi raggiunta, cominciare a montare gli albumi con lo zucchero rimasto finchè bianchi e montati a neve.
Appena lo sciroppo raggiunge la temperatura, toglierlo dal fuoco.
Versarlo a filo sui bianchi montati con le fruste sempre in funzione.
Da quando finite di unire lo sciroppo continuare a battere il composto per circa 7 minuti ( da qui il nome) finchè montato, sodo e lucido.
Usarlo immediatamente per ricoprire la torta, creando picchi decorativi con un cucchiaio.


A questo punto il dolce può essere servito immediatamente o conservato in un luogo fresco e secco ( ma non in frigo!) per alcune ore.

NOTE:

- la torta può essere cotta il giorno prima, conservata avvolta nella pellicola e tagliata e farcita il giorno successivo.

- il lemon curd può essere preparato anche due settimane in anticipo e tenuto in frigo ( e a mali estremi potreste anche comprarlo ;-)

- il frosting resiste benissimo a temperatura ambiente anche per sei ore abbondanti (testato ;-) ma teme l'umidità. Non secca completamente, ma rimane morbido dentro. Consigliatissimo a tutti gli amanti della meringa!

- la torta è un'ottima base per qualunque farcitura, ma anche da sola. Si taglia perfettamente e si presta a base come alternativa al più classico pan di Spagna.


giovedì 12 aprile 2012

Focaccia (furbissima!) di Giorgio Locatelli

La mia Roma  sono quel mucchio infinito di turisti sudati anche se è inverno, e in bermuda e sandali pure a dicembre.

La mia Roma sono tutte quelle fontanelle aperte, e mia nonna che si divertiva a dirmi che ci passava l'acqua Marcia, per poi spiegarmi che non era andata a male.

La mia Roma sono un sacco di palazzi tutti diversi. Uno stile solo e sarebbe un altro posto. Noioso.

La mia Roma sono tutti quelli che in quei palazzi hanno vissuto, tramato, ucciso, scritto, amato. Mia zia parlava mentre passeggiavamo ma come lo raccontava lei era molto, molto più interessante del libro di Storia.

La mia Roma sono gatti ovunque, e le carezze a cui non si sottraggono.

La mia Roma sono tutti quei vicoli, che ogni volta ce n'è uno che non ho mai visto prima. Tanto vecchio ma per me improvvisamente nuovo.

La mia Roma sono il verduraio e il suo garzone, che mamma l'hanno sempre chiamata signò, mentre a me e mia sorella per nome. Tagliato per metà, ovvio.

La mia Roma sono quelle mattine in cui andavo a comprare il pane e incontravo Monicelli. Lo salutavo piano, ed ogni volta mi diceva che ero troppo giovane per sapere chi fosse, e mi faceva un inchino con la testa,  un gran sorriso e strizzava un occhio.

La mia Roma sono le altre mattine in cui sentivo Luis Bacalov che si esercitava al pianoforte dalla finestra aperta,  e mi si incollavano i piedi ai sampietrini.

La mia Roma sono i salti sugli stessi sampietrini quando mi facevo via Nazionale in motorino, ed era primavera, l'aria tiepida e i pensieri così leggeri da poter credere che non ci volesse niente altro che il vento sulla faccia per essere perfettamente felici.

La mia Roma sono quegli autobus mastodontici, caldi, affollati e sempre in ritardo. Lo so, mi direte che è solo perchè non ci vivo sempre, ma li prendo tanto volentieri. E guardare un film diventa superfluo.

La mia Roma sono i sorrisi che mi si stampano in faccia ogni volta che ci torno, e mi viene da respirare come se fossi stata in apnea un'eternità.

La mia Roma sono i tacchi che si incastrano nei sampietrini di cui sopra, e il calzolaio che rimprovera me e mia sorella che roviniamo le scarpe, invece di aggiustarcele tutto contento.

La mia Roma sono i supplì che mi mangiavo uscita da scuola, e la pizza bianca di quando purtroppo erano già finiti.

La mia Roma sono un sacco di difetti, e tante miserie. Ma si è indulgenti ed un po' ciechi con lei come con ogni grande amore :-)


Avrei potuto non finirlo mai, questo elenco. La città che amo e che qualche sorpresa ancora me la fa...spesso aiutata dal  blog di Andrea, che da profondo conoscitore qual è ha scritto una guida alternativa , perfetta per i romani perchè credetemi, c'è tanto che non sappiamo, e per i non romani per uscire un po' dai soliti percorsi turistici.
Se vi va di provarci, c'è in palio una copia con il nuovo contest che parla romano della Banda dei Broccoli, e del quale sono giudice insieme ad un altro romanaccio, lo Ziopiero.
Andate subito a sbirciare, e intanto mettete a riposare questa focaccia, da queste parti eletta la migliore mai mangiata!
Vista da Sigrid tanto tempo fa, e mangiata recentemente proprio al ristorante di Giorgio Locatelli, con lui in persona davanti.
E nemmeno la dovete impastare...;-)


 FOCACCIA DI GIORGIO LOCATELLI
per una teglia tonda da 30 cm

500 g di farina 00
15 g di lievito di birra fresco, o 5 g di quello di birra liofilizzato
225 ml di acqua ( ma ne serviranno circa 100 ml di più)
poco olio extravergine
10 g di sale

per la salamoia

65 ml di acqua
65 ml di olio extravergine
25 g di sale ( ma ne metto sempre 15)

Versare in una ciotola la farina con il lievito secco ( se usate quello fresco basta sbriciolarlo e mischiarlo con un dito d'acqua, quindi unirlo al resto) ed unire a poco a poco l'acqua mescolando velocemente con un cucchiaio o una forchetta, ed a metà lavorazione il sale. Assolutamente non impastare a mano o in planetaria! Tutta la lavorazione deve comunque essere rapida.
Dovrete aggiungere tanta acqua quanta ne serve per un impasto morbido, da girare con il cucchiaio, più o meno come in foto quindi dovrete regolarvi da voi.
Di solito ne metto circa 300 g abbondanti.


Ungere leggermente la superficie dell'impasto con poco olio e coprire la ciotola con un panno.
Far riposare dieci minuti.
Dopo dieci minuti rovesciare l'impasto al centro di una teglia unta. Sarà morbidissimo, non toccatelo ma copritelo di nuovo con il panno e farlo riposare qui altri dieci minuti.
Ora con il matterello o con le mani stendere con delicatezza l'impasto partendo dal centro verso i lati.
Non deve diventare troppo sottile.
Coprire con il solito panno e far riposare venti minuti.
Intanto preparare la salamoia mischiando acqua, olio e sale.
Trascorso il tempo di riposo con le dita prima infarinate ( altrimenti si appiccicano all'impasto e rischiate di crompere le bolle che stanno formandosi) fare tanti piccoli infossamenti.
Appena prima di infornare versare sopra tutta la salamoia: sembra tanta, ma fidatevi.


 Cuocere in forno preriscaldato a 220 gradi per circa 25-35 minuti, dovrete regolarvi in base al vostro forno.
Sfornare, far riposare una ventina di minuti e servire.

NOTE:

- la ricetta originale prevederebbe metà farina 00 e metà Manitoba. Qui trovo solo un unico tipo, la 00 e con quella l'ho preparata.

- la ricetta è piuttosto rapida come tempi, e fattibile quasi all'ultimo minuto.

- non usare una teglia troppo grande, deve avere uno spessore come in foto.

- il giorno dopo i pezzi avanzati e passati al microonde hanno fatto una splendida figura :-)

martedì 10 aprile 2012

Frittelle di fiori di zucchina della mia mamma

Un'allucinazione.
Una proiezione della mente.
Magari, visto dove mi trovo, dovrei pensare ad un miraggio.
O un colpo di calore.
Strizzo gli occhi come ogni miope che si rispetti per vedere meglio, nonostante le lenti a contatto trasformino ogni santo giorno in aquila il Mr Magoo che sono in realtà.
Rimango ferma, vuoi vedere che la scena scompare come una bolla?
Reparto frutta e verdura del mio supermercato.
Rifornito sempre e solo delle solite cose, ma non nuovo ad exploit che mi fanno nutrire speranze ogni volta che ci metto piede.
Un signore seduto su una cassetta.
Un bustone davanti.
Con pazienza e molta flemma sta staccando dei meravigliosi fiori da zucchine freschissime.
Zucchine nella cassetta, fiori nella busta.
Mi avvicino piano piano.
Il passo del giaguaro non ci sarebbe stato male.
Con aria falsamente indifferente lo saluto.
Per chiedergli subito della busta.
Questi li butta?
Un guizzo nei suoi occhi, ho sbagliato approccio.
Ora sa che quello che sta eliminando mi interessa, mannaggia alla fretta.
Li vuoi?
Ok, lui è arabo e il commercio ce l'avrà pure nel DNA.
Ma mi preparo a battagliare, sono o non sono italiana, un DNA di tutto rispetto ce lo dovrei avere pure io...
Dico di no, di si, insomma, dipende.
Ma cosa ci fai?
Sapessi, mi verrebbe da dirgli.
Mi piacerebbe raccontargli che ne vado matta, e di come vederli e sentire l'odore delle frittelle di mamma sia tutt'uno.
Il fritto e in lontananza quello del suo profumo, lo stesso da sempre.
E per sempre.
Lei che cerca di nasconderle, ma senza tanta convinzione.
E che mi esorta a finirle una volta trovate, che lasciarne una sola per papà e mia sorella pare cattiveria più grande che nessuna!
Tutto quel sole in cucina, e la portafinestra del terrazzo con il gatto a prendere il sole ed il cielo così azzurro come solo certi giorni di primavera
Pagherei oro per rivivere tutto almeno una volta.
Me li mangio, dico soltanto.
Scuote la testa, e me li porge.
Tutti.
E ci mette su pure un sorriso.
Non vuole che li paghi, e rifiuta la piccola somma che cerco di lasciare.
Che l'abbia capito anche lui, che certi ricordi non hanno prezzo? :-)


Queste frittelle me le faceva mia madre appena i fiori spuntavano sui banconi del verduraio romano, sapendo quanto ne andassi ghiotta.
Semplici, croccantissime e pronte in un attimo.
Anche se a me buone come le sue non sono mai riuscite.


FRITTELLE DI FIORI DI ZUCCHINA

150g circa di fiori di zucchina ( peso da puliti)
2 uova intere
circa 5 cucchiai di farina ( ma dovrete regolarvi)
sale
olio di semi, per friggere


Spezzettare grossolanamente i fiori con le mani dopo averli puliti togliendo il pistillo.
Mescolarli con le uova leggermente battute con una forchetta, il sale, e tanta farina quanto basta ad avere un composto di consistenza cremosa, piu' o meno come in foto.



Friggere in olio abbondante a cucchiaiate, finche' ben dorate.
Servire caldissime.


NOTE:

- come tutti i fritti, rende il massimo appena fatto. Ma anche da fredde non sono niente male ;-)

giovedì 5 aprile 2012

Muffins (finti) di pancarre' con uova e bacon, con le ali

Effettivamente e' vero.
Un po' si cambia.
Non ogni lustro come da noto proverbio, ma ogni tanto succede.
Fino a circa sedici anni di eta' la prima cosa che facevo alzandomi dal letto era inforcare gli occhiali da sole.
Badate, non per dotarmi di un tocco di mistero o per chissa' quale mood hollywoodiano.
Nonostante papa' ridesse, mamma mi chiamasse la nostra diva e mia sorella qualcosa di peggio.
E' che a me la luce forte della cucina faceva venire immancabilmente mal di testa.
Incompresa per anni.
Eppure funzionava, fino a che semplicemente abbiamo cambiato casa, e lampadina.
Non ho mangiato formaggio per moltissimo tempo, convinta da non so cosa che non mi piacesse.
Oggi invece vado sostenendo che in una vita passata devo essere stata un topo, da quanto ne sbafo.
Per anni ho guardato con sufficienza le palestre, e tutti coloro che vi mettevano piede.
Con il risultato che ora ci vado qualcosa come otto/dieci volte la settimana: ma non e' la settimana araba ad essere piu' lunga, sono io ad andarci piu' volte nello stesso giorno...
Il latte no, ancora non mi piace.
Idem il fegato e tutte le interiora.
Golosa lo sono dal momento piu' lontano che riesco a ricordare.
Una grande borsa nera, e mia nonna che tirava fuori le caramelle mou.
Mi sembrava una magia che ne avesse sempre dentro cosi' tante.
Le colazioni con i dolci e i croissant caldi del bar sotto casa che papa' portava su prestissimo nei fine settimana e che ci riempivano di briciole le labbra.
Ma come diavolo faranno gli americani a mangiarsi le uova e le salsicce di mattina, mi chiedevo.
Che c'entrano?
Poi sono arrivati i viaggi, posti nuovi da vedere, persone da conoscere e tanto da imparare.
La scoperta che a colazione c'e' chi mangia pure le olive, vedi gli arabi.
E che assaggiare non uccide, anzi.
Magari si scopre che non tutto e' cosi' male come sembra.
Uova e bacon sono un must che ora mi regalo ogni volta che vado in vacanza, ed ho convertito, o traviato a seconda dei punti di vista, anche quel purista che mi accompagna.
Alle salsicce non sono arrivata, ma c'e' sempre tempo.
Con la consapevolezza che c'entra sempre tutto.
E non intendo nel mio stomaco ;-)


Come avrete intuito la ricetta di oggi nasce in realta' per una americanissima colazione, ma credo faccia una bellissima figura per un brunch,  una merenda pasquale o un secondo poco impegnativo.
Facile da morire, bella da vedere e pure veloce da realizzare con pochi, semplicissimi ingredienti.
Solo a me sembrano delle colombine stilizzate?
E buona Pasqua a tutti!




BACON, EGG AND TOAST CUPS
da Everyday Food di Martha Stewart
dosi per un singolo muffin

2 fette di pancarre', bianco o integrale
un uovo intero
una fettina di pancetta
sale, pepe
poco burro per spennellare


Passare le fette di pancarre' con il mattarello in modo da pressarle un poco.
Tagliarle quindi come mostrato in foto:


Non serve ovviamente alcuno stampino, il semicerchio si puo' fare benissimo a mano libera usando un coltello affilato.
Imburrare leggermente lo stampo da muffins e premere delicatamente due semicerchi a formare una coppetta.
Le due meta' dovranno leggermente sovrapporsi e arrivare sopra il bordo dello stampino in questo modo:



Imburrare leggermente anche le fettine di pancarre' ormai diventate coppetta, ed adagiare in ciascuna una fetta di pancetta.
Sopra la pancetta rompere l'uovo e condirlo con sale e pepe.



Cuocere subito in forno preriscaldato a 190 gradi per circa 20-25 minuti: l'uovo deve rapprendersi, il pane colorire, il bacon tostare.
Servire tiepido o a temperatura ambiente.



NOTE:

- nonostante la ricetta originale dica il contrario, non usate uova troppo grandi o rischiano di fuoriuscire prima che siano cotte, rovinando l'estetica del piatto.

- appena si versano le uova i muffins vanno cotti. Lasciarli a contatto con le uova crude li rende molli invece che croccanti.

- quello usato qui e' per forza di cose beef bacon, fatto con il manzo...voi usate quello vero, eh!

lunedì 2 aprile 2012

Uova...(bisc)rotte!

San Valentino, reato.
Natale, fuorilegge.
Poteva andare meglio a Pasqua?
Risposta semplice, no.
Quelle che si fanno in questo periodo a scuola si chiamano Spring Break, mica vacanze pasquali.
E non cambia nulla che la mia sia americana, privata, e che goda di una certa, relativa liberta'.
Certe cose non si dicono ;-)
Non trovero' le uova di cioccolato nei negozi, mentre potrei avvistare qualche colomba che spacciata per banale torta cerchera', svolazzando, di farla franca.
Ma lo sapete ormai che la mia vita qui gode, per cosi' dire, di qualche eccezione alle regole: gli occidentali vivono in enormi centri residenziali a loro dedicati, all'interno dei quali lo stile di vita e' molto piu' simile a quello della madrepatria che a quello locale.
Posso, addirittura, tenere le mie lezioni di aerobica con la musica senza temere di essere arrestata, e indossare shorts per andare a correre senza rischiare che qualcuno mi lapidi.
Che fortuna, eh?
Tutto bello.
E protetto.
Mura altissime, e guardie armate, che non sia mai a qualcuno venisse in mente di farci visita senza essere invitato...
Una gabbia dorata, ma sempre una gabbia.
Fuori, tutto quello che vi racconto ogni tanto.
Ed anche cercare uno stampino a forma di uovo diventa un'avventura.
Con annesso brivido.
Che forse mi sarei potuta arrangiare in qualche modo alternativo, ma la domanda e' uscita sola dalla bocca.
Avete uno stampino per biscotti a forma di uovo?
Nel solito, bellissimo negozio di attrezzatura da cucina che mi piace tanto.
Mio marito mi fulmina, il commesso pure.
Almeno mi sembra.
Intende per Pasqua?
Santo cielo, vuoi vedere che e' un trabocchetto.
Ora gli rispondo di si e lui inorridito mi fara' arrestare per...boh, empieta', blasfemia, implicita offesa all'Islam.
E ci sara' pure qualche capo di imputazione successivo, nato da cio' che diro' per difendermi e dai tempi che corrono...
Non aspetta la risposta, e si presenta con un piccolo campionario in una scatola.
Non ci credo: c'e' pure il coniglietto.
Li teniamo da parte, e li tiriamo fuori solo su richiesta.
Un coniglietto coraggioso!
Forse si meriterebbe di essere acquistato, ma e' proprio l'uovo che mi serve: e non c'e'.
E se prende un cerchio?
Un cerchio non e' un uovo.
Ma dategli dieci secondi tra le mani di mio marito, che comincia ad armeggiare sotto gli occhi del commesso, ora si, inorridito per davvero.
Poca pressione nel punto giusto, e diventa uovo: lo compro soddisfatta.
Il commesso medita di cominciare un ulteriore business clandestino.
Bello sapere che si puo' andare ben oltre una semplice quadratura :-)



Per fare le uova di cioccolato mi manca lo stampo, e a dire il vero so che ne ricevero' presto uno gia' bell'e pronto  in regalo ;-) molto meglio applicarsi a dei biscottini divertenti oltre che buonissimi.
Da usare come segnaposto o pensierino goloso o ancora come gioco per i bimbi: mettete i pezzi del puzzle tutti mischiati in una ciotola, e il primo che ricostruisce il biscotto se lo puo' mangiare :-)




UOVA (BISC)ROTTE
da Living di Martha Stewart

250 g di farina
mezzo cucchiaino di lievito per dolci
un pizzico di dale
113 g di burro
170 g di zucchero
un uovo intero
estratto di vaniglia, o buccia di limone grattugiata

per la glassa reale

un albume
un cucchiaino di succo di limone
160 g circa di zucchero a velo
coloranti alimentari, facoltativi


Mescolare farina, lievito e sale.
In una ciotola o in planetaria montare il burro leggermente ammorbidito a forte velocita' con lo zucchero semolato per cinque minuti.
Unire l'uovo e battere ancora, quindi aggiungere l'aroma scelto e il mix di farina.
Lavorare con il gancio a K o con una spatola solo il tanto che il tutto stia insieme.
Avvolgere l'impasto ottenuto in pellicola e mettere in frigo almeno tre ore.
Stendere, aiutandosi con della farina ad uno spessore di circa 4 mm ( non di meno) e tagliare con uno stampino a forma di uovo possibilmente non troppo piccolo.
Adagiare i biscotti su una teglia coperta con carta forno e rimettere dieci minuti in frigo, o meglio in freezer.
Cuocere quindi in forno preriscaldato a 165 gradi per una decina di minuti, ma nel mio forno c'e' voluto quasi un quarto d'ora: dovranno diventare dorati.
Tirare fuori dal forno e immediatamente tagliare con un coltello affilato nelle forme scelte: se aspettate non sara' possibile ottenere bordi regolari e i biscotti rischieranno di rompersi.
Ecco i tagli utilizzati qui, ma potete sbizzarrirvi:



Lasciar raffreddare i biscotti completamente, e non curatevi di eventuali crepe: verranno coperte dalla glassa.
Per la glassa: mescolare l'albume non montato con il succo di limone ed unire lo zucchero a velo a poco a poco, fino ad ottenere una consistenza non troppo fluida, o colera' dappertutto!
Lo zucchero e' solo indicativo come dose, potete usarne di piu' se il vostro albume e' particolarmente grande, o di meno se piccolo.
Colorare con il colorante scelto e procedere immediatamente alla decorazione dei biscotti usando un conetto di carta forno per spandere la glassa ( o in mancanza un cucchiaino ;-)


Procedere ad attaccare eventuali decorazioni, e far asciugare completamente per mezza giornata.

NOTE:

- ovviamente do solo l'idea, ma potrete usare qualunque ricetta di frolla per realizzarli.

- i biscotti appena escono dal forno sono ancora un po' morbidi, per questo e' possibile tagliarli. Faffreddandosi prendono la giusta consistenza.

- si conservano benissimo anche una settimana purche' chiusi in una scatola di latta. Badare che la glassa sia perfettamente asciutta prima di riporli.

- fatti piuttosto grandi e confezionati uno ad uno in sacchetti trasparenti sono un'idea carina per un pensierino Pasquale, o come segnaposto.

- qualche altra idea per il menu pasquale? Date un'occhiata ai ravioloni con il nido, e per la sezione torte salate questa semplicissima e bellissima agli asparagi o i comodissimi zucchini bites che torneranno utili anche per eventuali scampagnate ;-)
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